mercoledì 16 settembre 2015
Blitz della Dia: 44 arresti, sequestri per 20 milioni di euro. Bloccati i traffici delle precedenti "famiglie" mafiose, sorgono i nuovi clan che raddoppiano macchinette e affari. Nel business anche ristoranti, tipografie e cavalli.
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Arresto di 44 persone, sequestro di 5 società di distribuzione di slot machine e videopoker, di 3.200 "macchinette" in Campania, Lazio e Toscana, e di 30 immobili per un valore di più di 20 milioni di euro. È il ricco, e inquietante bottino, dell’"Operazione Doma" della Dia di Napoli col coordinamento della Dda del capoluogo campano, contro gli affari nel gioco d’azzardo legale del clan dei "casalesi". In particolare la fazione Russo che dopo gli arresti eccellenti stava rimettendo in piedi gli affari. L’operazione, scrivono i magistrati, «assume notevole importanza alla luce del fatto che blocca eventuali tentativi di riorganizzare il clan casalese». E infatti la parole Doma, scelta dal Centro Dia di Napoli guidato da Giuseppe Linares, è l’acronimo di «destrutturazione organizzazione mafiosa».Un’organizzazione che oltre alle slot imponeva ai bar anche caffè e bevande, gestiva sale bingo, ristorazione nei centri commerciali, tipografie e perfino cavalli da corsa. Agli arresti domiciliari è finito Mario Minopoli, «fantino noto nei più famosi ippodromi nazionali, oltre che in importanti piste di Londra e Parigi». Il driver di trotto è accusato di «aver consapevolmente condotto» il cavallo Madison Om di fatto di proprietà del boss in carcere Massimo Russo, ’o Paperino. Un cavallo costato nel 2006 ben 47mila euro ma che poi ne aveva vinti 91mila, utili che andavano direttamente a Russo. E Minopoli è anche accusato di aver intimidito le altre scuderie ammonendole che «il cavallo rientrava negli interessi di gruppi criminali». Intimidazioni che erano ampiamente usate per imporre le slot, «settore d’elezione» del clan.«Il clan Russo – spiegano i magistrati – si è imposto negli ultimi anni come entità economica operante sul mercato legale, avvalendosi della capacità di intimidazione, acquisendo posizioni dominanti in settori economici come il fiorente mercato del noleggio e della gestione delle apparecchiature elettroniche di intrattenimento di cui è noto il forte impatto sulle fasce più disagiate della popolazione». Affermazione che conferma il gravissimo danno sociale dell’azzardo, sul quale il clan fa ricchi affari grazie a «prestanome incensurati» e a società «riconducibili alla famiglia casalese». E se un imprenditore viene scoperto subito viene sostituito. È il caso dei fratelli Renato e Francesco Grasso. Nel 2009 arriva l’arresto, il sequestro delle "macchinette" e nel 2012 la condanna. Fine «del loro monopolio» non di quello casalese. Infatti gli uomini della Dia hanno scoperto che «quell’attività tanto redditizia per il clan proseguiva senza subire battute d’arresto», grazie a «una capillare iniziativa intesa a sostituire le apparecchiature sequestrate con quelle di altri noleggiatori direttamente o indirettamente controllati dal clan».Con risultati che la dicono lunga sulle carenze dei controlli. Infatti al momento del sequestro il 27 aprile 2009 le società dei Grasso «operavano in 71 comuni del Casertano per un totale di 635 apparecchiature distribuite in 274 esercizi commerciali». A settembre 2012 in amministrazione giudiziaria operano «in 55 comuni per un totale di 210 macchine distribuite in 135 esercizi». Ma cosa succede? «A partire dai giorni successivi al sequestro, le società riferibili al clan Russo-Schiavone risultano aver installato ben 931 apparecchiature distribuite in 253 esercizi commerciali in 54 comuni. In sostanza il contingente di apparecchi "in amministrazione giudiziaria" si è ridotto di 425 unità in circa due anni e mezzo, pari ai due terzi dell’originario stock amministrato dai Grasso prima dell’ordinanza cautelare. Nel contempo il clan Russo è riuscito ad installare "il doppio" degli apparecchi prima gestiti dalla consorteria casalese tramite i Grasso». Insomma affare addirittura aumentato, coinvolgendo l’intero clan. «Per coartare gli esercenti più riottosi al cambio delle apparecchiature, sono stati mobilitati, in ciascuna zona della giurisdizione casalese, gli affiliati competenti per territorio e sono state accertate condotte che integrano il reato di estorsione».
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