I leader dei partiti al Meeting di Rimini - Ansa
La foto di gruppo difficilmente si ripeterà in questa campagna elettorale da tutti contro tutti. Sullo stesso palco insieme Enrico Letta, Giorgia Meloni, Matteo Salvini, Luigi Di Maio, Antonio Tajani, Maurizio Lupi ed Ettore Rosato. Praticamente quasi tutte le principali liste rappresentate, ad eccezione del M5s, a conferma dei rapporti quanto meno difficili sempre avuti con il Meeting. «Siamo diversi da loro. Siamo scomodi per un certo sistema» replica, prendendo la palla al balzo, Giuseppe Conte.
A Rimini applausi e buona accoglienza per tutti, standing ovation per nessuno, ma l’applausometro vede appaiati al primo posto Lupi, da organizzatore dell’incontro a nome dell'Intergruppo per la sussidiarietà, e Meloni. Accoglienza molto calorosa, quella riservata alla leader di Fdi, esordiente "in presenza", presente all’analogo incontro del Meeting scorso in collegamento video. Buona accoglienza anche per Letta che al Meeting e agli appuntamenti dell’Intergruppo è un habitué, un po’ più fredda per Di Maio. Qualche brontolio per il segretario del Pd solo quando propone di prolungare l’obbigatorietà dalle materne alle superiori. Gli va meglio sulla rivendicazione di guidare l’unico partito «comunità» (lo definisce) senza il nome del leader nel simbolo.
Poche le convergenze, significativa fra Letta e Meloni - oltre la netta contrapposizione sul presidenzialismo - quella sul taglio del costo del lavoro. Molti invece gli elementi divisivi.
Primo fra tutti il reddito di cittadinanza, ancora difeso dopo l’uscita dal Movimento, da Di Maio (che però è d’accordo anche sui correttivi adottati dal governo Draghi ora bocciati, invece, dal M5s) oltre che dal segretario del Pd, mentre tutti nel centrodestra, e anche Italia viva, sono per limitarlo alle sole fasce impossibilitate a lavorare. Meloni cita Giovanni Paolo II al Meeting sulle "risorse dell’uomo" e rivendica - per bocciare il reddito - di aver svolto anche mansioni umili: «Dio sa se fare la cameriera non mi ha insegnato di più di quanto lo ha fatto il mio stare in Parlamento». Su questo punto è d’accordo Rosato, che non chiude nemmeno sul presidenzialismo. Mentre Tajani avverte che senza intervenire a favore di imprese e autonomi, non si crea nuova occupazione.
Giorgio Vittadini nell’introduzione aveva anche affacciato il tema della restituzione del potere di scelta ai cittadini nel voto, ma anche questa proposta rimane lettera morta, con Meloni che può rivendicare di esser la sola ad aver proposto di reintrodurre le preferenze.
Salvini invece chiede lo stop alla legge Fornero e "quota 41": «Voglio vedere chi si oppone alla possibilità di andare in pensione dopo aver lavorato 41 anni». Difende il diritto alla vita «dall’inizio alla fine» e chiede l’attuazione della legge 194 «per intero», ricordando i bambini che sono nati grazie ai centri di aiuto alla vita ma anche su questo poche convergenze.
Soddisfatto Lupi che è riuscito di nuovo nell’impresa di mettere insieme tanti leader. C’è stato almeno rispetto e ascolto reciproco, e non è poco di questi tempi. Ma prevale alla fine la voglia di piantare ognuno le sue bandierine tanto che tutti evitano di rivendicare un piccolo grande risultato ottenuto insieme - non solo auspicato - sugli aiuti alla natalità, varato con larghissimo consenso, ossia l’assegno unico per i figli. Poteva invece essere l’occasione per confermarlo e semmai proporre di rafforzarlo, tutti insieme, come sollecita il Forum delle associazioni familiari.