La presidente del Senato Casellati incontra la delegazione del M5S (Ansa)
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha deciso: sarà Elisabetta Alberti Casellati a tentare di trovare una soluzione tra le forze politiche per formare un governo, a 45 giorni dalle elezioni del 4 marzo.
La presidente del Senato è la seconda donna ad avere la responsabilità di esplorare una soluzione alla crisi di governo, dopo Nilde Iotti. Era il 1987, quando Iotti fu chiamata a dirimere la tensione tra Dc e Psi. Fu la prima donna e la prima esponente comunista ad avere un incarico del genere.
Il presidente della Repubblica ha affidato «il compito di verificare l'esistenza di una maggioranza parlamentare fra i partiti della coalizione del centrodestra e il M5S e di un'indicazione condivisa per il conferimento dell'incarico del presidente del Consiglio per costituire il governo. Il presidente della Repubblica ha chiesto alla presidente del Senato di riferire entro la giornata di venerdì», ha spiegato il segretario generale del Quirinale, Ugo Zampetti, al termine del colloquio fra Sergio Mattarella e Maria Elisabetta Casellati, che aveva raggiunto il Quirinale intorno alle 11.
«Ho ricevuto da Mattarella il mandato esplorativo, ho ringraziato per la fiducia accordatami e terrò Mattarella costantemente aggiornato. Svolgerò l'incarico con lo stesso spirito di servizio con il quale ho svolto l'incarico di presidente del Senato. Sarete informati del calendario degli incontri che avverranno in tempi brevi» ha commentato la presidente del Senato, Maria Elisabetta Casellati dopo aver ricevuto il mandato esplorativo. La presidente del Senato ha avuto un colloquio di mezz'ora con il presidente della Camera Roberto Fico, poi è entrata a Palazzo Chigi per un incontro con il Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni.
Nel pomeriggio è cominciato subito il giro di incontri, a Palazzo Giustiniani, con i partiti politici di centrodestra e i 5 Stelle, indicati dal Presidente della Repubblica: ad aprire, alle 16,30, il Movimento Cinque Stelle; a seguire alle 17.30 la Lega, rappresentata dai capigruppo Giorgetti e Centinaio vista l'assenza del leader Matteo Salvini («Ho un volo per Catania»); quindi alle 18.30 Forza Italia; a chiudere alle 19.30 Fratelli d'Italia.
Il centrodestra si presenta, quindi, separatamente alla consultazioni con la presidente del Senato Casellati. Per la Lega ci sono solo i due capigruppo (Salvini è in partenza per Catania), a seguire Forza Italia con Silvio Berlusconi e le due presidenti, Anna Maria Bernini e Mariastella Gelmini. A chiudere la leader di Fdi Giorgia Meloni con i capigruppo di Fratelli d'Italia.
Di Maio: con la Lega governo di cambiamento, Salvini decida in fretta
All'uscita dall'incontro con il presidente del Senato Casellati, il leader dei 5 Stelle spiega che il cambiamento promesso agli elettori può venire solo da un'intesa con la Lega, ma Salvini deve decidersi.
"Sono stato accusato da Salvini di porre dei veti e non si capisce perché io non possa porli su Berlusconi e lui sul Pd - dice Di Maio -. Noi siamo insieme alla Lega le uniche due forze che non si pongono veti a vicenda. Vediamo propinarci ipotesi ammucchiata di centrodestra quando poteva già partire un governo del cambiamento in grado di cambiare tantissime cose. Ancora una volta abbiamo ribadito in questa sede che M5s è pronto a sottoscrivere un contratto di governo solo con la lega non con tutto il centrodestra". Ma per il M5S "il centrodestra è un artifizio elettorale" e "l'idea di un governo di centrodestra è fallita".
Infine un brusco invito alla Lega: "Qui non è comandiamo noi o niente, Salvini deve comprendere l'importanza di un contratto di governo che può dare alla Lega e a Salvini di fare le cose che hanno sempre promesso. Salvini deve fare una scelta il tempo è poco, decida entro questa settimana il paese non può aspettare".
La replica di Salvini: chi è arrivato secondo non può comandare
"Non vedo dove sia il rispetto del voto degli italiani: il secondo arrivato che impone le regole del gioco al primo, lui vuole comandare...". Ha replicato da Catania il leader della Lega Matteo Salvini, dopo l'invito di Di Maio a decidere in fretta, aggiungendo: "Di Maio e Berlusconi smettano di dirsi no a vicenda, gli italiani non si meritano di andare avanti un mese in questo modo". Poi una piccola provocazione: "Il prossimo giornalista chieda a Luigi Di Maio 'senti ma tu sei disponibile come ha fatto Matteo Salvini a fare una passo a lato, pur di far partire il governo?'. Se vi dirà di no è perché vuole fare il premier, e allora non sa stare al mondo".
La Lega ribadisce a Casellati: pronti a un governo tra centrodestra e M5S
"Abbiamo ribadito lo diciamo da settimane noi siamo pronti a partecipare ad un governo che è stato indicato dagli italiani premiando il centrodestra e la coalizione e l'M5S come primo partito", ha affermato Giancarlo Giorgetti, capogruppo della Lega alla Camera al termine delle consultazioni con la presidente del Senato Casellati. "In modo inderogabile bisogna dare rapidamente un governo all'Italia - ha continuato -. Se i veti del M5s nei confronti di Fi cadessero nelle prossime ore saremmo pronti a un governo già a inizio settimana prossima".
Berlusconi: il centrodestra ha vinto e deve esprimere il candidato premier
"La presidente del Senato ci ha confermato le dichiarazioni che erano state pubblicamente rilasciate dall'onorevole Di Maio che
aveva avuto il precedente incontro: Di Maio ha mantenuto la sua posizione di sempre di non accettare la possibilità di un accordo con il centrodestra nella sua universalità ciò con i tre partiti che lo compongono e anzi l'ha tacciato di essere artificiale. È lontano dalla realtà", ha esordito Silvio Berlusconi, leader di Forza Italia, subito dopo il colloquio con Casellati. La situazione appare quindi bloccata e domani potrebbe esserci un secondo giro di consultazioni, come ha confermato lo stesso Berlusconi: "Dovevo andare domani in Molise, la presidente ci ha pregato di essere ancora disponibili per un incontro perché probabilmente effettuerà un secondo giro di consultazioni. Mi sono dichiarato assolutamente a disposizione". Ha però ribadito che "il centrodestra è la coalizione vincente e spetta a noi indicare il candidato presidente del Consiglio. La Lega, avendo avuto più voti, deve esprimere questo candidato".
Meloni: la rigidità di Di Maio non rispetta la volontà popolare
"Abbiamo ribadito che nonostante i numerosi passi avanti fatti da Fdi con l'apertura al dialogo con M5S ci pare che gli altri non abbiano la stessa disponibilità - ha dichiarato la leader di Fratelli d'Italia Giorgia Meloni al termine delle consultazioni - ho ascoltato le delegazioni che ci hanno preceduto, in particolare Di Maio, e registro una rigidità nel dialogo con centrodestra che mi colpisce. Il dialogo è rispetto della volontà popolare ma non rescindiamo dalla guida del governo al centrodestra, segnatamente da Matteo Salvini".
Perché il mandato esplorativo
Mattarella ha scelto la via del mandato esplorativo, e di una figura istituzionale, per tentare di uscire dallo stallo della crisi di governo. La presidente del Senato Casellati entrando nello studio alla Vetrata, ha ricevuto l'incarico per una missione molto complicata: verificare se c'è qualche chance per mettere d'accordo i partiti, in particolare se ci sono margini per una maggioranza centrodestra-M5S, divisi dalla guerra dei veti incrociati.
Plaude la Lega che in una nota definisce «positivo l'incarico alla presidente Casellati perché il perimetro di un governo centrodestra - M5s è esattamente quello deciso dal popolo italiano. La Lega è pronta a governare anche oggi, basta che gli altri smettano di litigare».
Secondo Luigi Di Maio, capo politico del M5s, «questa per noi è un'occasione preziosa per fare chiarezza anche perché l'Italia non può più aspettare. Alla presidente del Senato esporremo le nostre posizioni e le nostre proposte coerentemente con quanto abbiamo già affermato negli ultimi giorni». In mattinata dal senatore grillino Vito Crimi era arrivato in mattinata alla presidente del Senato, parlamentare di Forza Italia, un veto preventivo proprio sul coinvolgimento di Forza Italia: «Alla Casellati diremo le stesse cose che abbiamo detto a Mattarella. Il veto su Silvio Berlusconi resterà, perché rappresenta il non-cambiamento. Vogliamo dare una sferzata al modo di fare politica». Un «pre-veto inaccettabile», replica Elvira Savino, deputata di Forza Italia.
«Con il mandato alla presidente Casellati di verificare le condizioni per una possibile maggioranza di governo tra Centrodestra e Cinque stelle - commenta il segretario reggente del Pd Maurizio Martina - si pone fine alle ambiguità di questi 45 giorni. Altro che aspettare le elezioni regionali, ora è il momento della verità per chi dopo il 4 marzo ha pensato solo a tatticismi e personalismi».
Alla presidente del Senato conferito il mandato esplorativo
Si tratta della scelta più indolore, lineare, in un quadro che offriva poche alternative. Bruciato dai veti incrociati il pre-incarico politico, in presenza di una sostanziale indisponibilità dei diretti interessati - che o chiedono altro tempo, come nel caso di Luigi Di Maio, o aprono a un terzo uomo, come fa Matteo Salvini - non restava altro che investire la seconda o la terza carica dell’onere di provare a dipanare la matassa. E, andando per esclusione, la scelta del presidente del Senato è risultata preferibile rispetto a quello della Camera Roberto Fico. Non solo in omaggio a una prassi prevalente che vuole investita in questi casi la seconda carica, ma anche per essere Casellati espressione della coalizione che ha ottenuto maggiori consensi.
Una personalità, dopo tutto, che ha ottenuto il voto anche del M5s, che Mattarella intende in tutti i modi tenere dentro alla trattativa, quale primo partito, destinatario del consenso di un terzo degli elettori. A sera gli ultimi dubbi, da segnali univoci, sembravano fugati. Cadeva anche l’ipotesi 'c', un terzo nome per un incarico tecnico-politico: si era fatto insistentemente il nome di Giancarlo Giorgetti, braccio destro di Salvini, ed esperto di conti pubblici e di procedure parlamentari Nome che sarebbe andato bene anche agli alleati, e che - negli auspici - avrebbe potuto innescare, specularmente, qualche ammorbidimento negli altri partiti.
Ma i toni del dibattito politico, di nuovo infiammati dalla doppia campagna elettorale in Molise e Friuli-Venezia Giulia, hanno portato ad accantonare l’ipotesi, non bruciando nomi che potrebbero venir buoni in un secondo tempo, per contribuire a sbrogliare la complicatissima trattativa. «Aspettiamo la saggezza di Mattarella - ripeteva Salvini in serata - anche perché ho già detto che vado a vedere solo se ho i numeri». Ora si tratterà di verificare se i giorni in più che i duellanti chiedono, il Colle sarà disposto a concederli. Lo scopriremo solo vivendo, visto che i segnali arrivati sin qui dicono di un margine molto ristretto di giorni che Mattarella avrebbe invece indicato, passati i quali potrebbe fare un suo nome. Per un incarico, o un pre-incarico, che potrebbe essere 'politico' o 'istituzionale', in base all'evolversi delle nuove consultazioni che partiranno da domani, a iniziativa dell’esploratore del Colle.
Martina (Pd) apre al dialogo: discutiamo i programmi
Sul versante politico una novità di un certo rilievo è arrivata nella giornata di martedì 17 aprile dal Pd, che con un post su Facebook del reggente Maurizio Martina ha provato a rientrare in gioco, indicando tre priorità. La povertà, con l’«allargamento del reddito di inclusione». Le famiglie, introducendo l’«assegno universale» per i nuclei con figli. E il lavoro, con la previsione del «salario minimo legale». Martina la spiega così: «In Parlamento e nel Paese facciamo vivere le nostre battaglie e il nostro impegno quotidiano per un’Italia migliore».
La cosa suscitava immediato entusiasmo nel M5s. Un’«iniziativa utile ai fini del lavoro che sta svolgendo il comitato scientifico per l’analisi dei programmi presieduto dal professor Giacinto Della Cananea», aprivano i capigruppo Giulia Grillo e Danilo Toninelli. Ma in serata è intervenuto ancora Martina, a smorzare gli entusiasmi: le tre proposte Pd «sono per gli italiani, non per questo o quel partito. Noi andiamo oltre i tatticismi degli altri - ha avvertito - . Queste proposte sono la nostra alternativa all’orto di Salvini (che di mattina aveva replicato a 5s scrivendo «c’è chi chiude il forno e chi cura l’orto», ndr) e al forno di Di Maio», spiega il reggente.
E se Lega e M5s chiedono altro tempo, e danno il via libera al 'raffreddamento' delle tensioni che potrebbe portare l’incarico esplorativo, il Pd si 'candida' già per il dopo. Nel caso che i 'vincitori' ammainino bandiera e dal Quirinale parta un appello a tutti per sostenere un nome al di sopra delle parti.
CHI È MARIA ELISABETTA CASELLATI: IMPEGNO PER LA FAMIGLIA E LA SICUREZZA
Breve storia dei «mandati esporativi». Questa è la nona volta
A 45 giorni dalle elezioni, Maria Elisabetta Alberti Casellati riceve il nono mandato esplorativo della storia della Repubblica. Un incarico toccato per sei volte a un presidente del Senato e per tre a un presidente della Camera. C'è invece un unico precedente di una donna che abbia ricevuto il mandato esplorativo per aiutare la formazione del governo: si tratta di Nilde Iotti, allora presidente della Camera, che nel 1987, dopo la crisi del governo Craxi, ha ricevuto l'incarico dal presidente della Repubblica Francesco Cossiga.
Nella Prima Repubblica, prima della riforma in senso maggioritario della legge elettorale, il mandato esplorativo è stato utilizzato spesso durante le consultazioni del capo dello Stato di turno. L'unico esempio di mandato esplorativo della Seconda Repubblica è invece quello che toccò a Franco Marini, incaricato nel 2008 da Giorgio Napolitano, dopo la caduta del governo Prodi e prima delle elezioni anticipate, inevitabile epilogo della legislatura più travagliata (e più breve) della storia repubblicana. La Terza Repubblica, con il tripolarismo e una legge elettorale che non favorisce maggioranze parlamentari certe, riparte proprio con un mandato esplorativo, seppure in termini stretti di tempo e di formula politica: due giorni e sulla possibile coalizione centrodestra-M5s.
Il primo "esploratore" della storia della Repubblica fu il presidente del Senato Cesare Merzagora, incaricato dal presidente della Repubblica Giovanni Gronchi dopo le dimissioni di Antonio Segni il 6 maggio 1957. Nel conferirgli l'incarico, il capo dello Stato spiegò che avrebbe dato al suo supplente 'il compito di accertare quali concrete possibilità esistessero di costituire un governo in grado, per la composizione e il programma, di riscuotere la fiducia delle Camere e del Paese". Alla fine nacque il governo guidato dal Dc Adone Zoli.
Il 4 marzo del 1960, di nuovo dopo le dimissioni di un governo Segni, Gronchi decise di chiamare come "esploratore" stavolta il presidente della Camera Giovanni Leone. La crisi fu superata con l'arrivo del governo di Fernando Tambroni.
Nel 1968 fu la volta del presidente di Montecitorio Sandro Pertini. Poi toccò a Tommaso Morlino, eletto presidente del Senato nel 1982 e che fu incaricato proprio da Pertini, diventato presidente della Repubblica, di verificare una ripresa del dialogo tra le forze di governo per evitare la fine della legislatura. Morlino, però, proprio dopo aver riferito in senso negativo al capo dello Stato, fu stroncato da un malore nel maggio 1983.
Il 4 luglio 1986 Amintore Fanfani, presidente del Senato, viene chiamato dal presidente della Repubblica Francesco Cossiga a coadiuvarlo nella ricerca di una soluzione per la crisi nata dalle dimissioni del primo governo di Bettino Craxi. Cinque giorni dopo, terminata la sua esplorazione, Fanfani riferì al capo dello Stato che dagli elementi raccolti emergeva la possibilità di arrivare ad una soluzione della crisi, che poi si realizzò con il giuramento del governo Craxi-bis.
La prima volta di una "esploratrice", fu il 27 marzo del 1987: Cossiga incaricò Nilde Iotti, allora presidente della Camera.
Dal 26 maggio all'11 giugno 1989 fu chiamato per un mandato esplorativo, sempre da Cossiga, Giovanni Spadolini: lo portò a termine dopo due giri di consultazioni. Passò più di un mese per veder risolta una delle crisi più lunghe, durata 64 giorni.
Prima di sciogliere le Camere dopo le dimissioni di Romano Prodi nel gennaio del 2008, il presidente della Repubblica Napolitano affidò al presidente del Senato Franco Marini l'incarico di esplorare se esistesse consenso su una riforma delle legge elettorale e di un governo che la portasse a termine, ma non fu possibile.
Sempre Napolitano all'inizio della scorsa legislatura, dopo che Pier Luigi Bersani rinunciò all'incarico, formò due commissioni di lavoro, chiamate a stabilire contatti con i Gruppi parlamentari, per un confronto su proposte programmatiche in materia istituzionale ed economico-sociale ed europea. Da lì nacque il governo di larghe intese presieduto da Enrico Letta.
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