Passa per un giro di vite sulla responsabilità civile dei giudici e l’annuncio di «tempi certi», con il dimezzamento dell’arretrato delle cause civili, la riforma della giustizia del governo Renzi. Una serie di provvedimenti – sei disegni di legge e un decreto sullo smaltimento dell’arretrato civile – che il premier, nella conferenza stampa seguita al Consiglio dei ministri, non esita a definire «una rivoluzione». Dentro il pacchetto predisposto dal ministro Guardasigilli Andrea Orlando, che il Cdm ha approvato per intero, ci sono anche altre misure molto rilevanti: la reintroduzione del falso in bilancio e la creazione del reato di autoriciclaggio, il riordino della magistratura ordinaria, le intercettazioni e misure per velocizzare i tempi anche nel processo penale, evitando le clamorose assoluzioni per prescrizione del passato, ma anche garantendo i diritti degli imputati. I due temi su cui ha battuto maggiormente il tasto Matteo Renzi sono stati la responsabilità civile dei giudici («Oggi la norma che chi sbaglia paga vale anche per i giudici, come per tutti gli altri, non c’è nulla di punitivo», ha detto) e l’aggressione a quel Moloch di cause arretrate che è il principale freno alla speditezza del processo civile. «La riduzione dell’arretrato e del contenzioso civile è una grande sfida. Il decreto è una vera rivoluzione: alla fine dei mille giorni – ha promesso – avremo tempi certi, meno di un anno per il processo civile e il dimezzamento dell’arretrato». Capitolo importante anche quello sulle intercettazioni che sarà affrontato con una delega al governo (ne hanno accennato Renzi e Orlando anche se il comunicato di Palazzo Chigi non ne fa esplicito riferimento limitandosi ad annunciare il ddl riguardante il penale). «Confermiamo il principio per il quale al magistrato è consentita l’intercettazione ma ciò che non riguarda l’oggetto del reato deve essere pubblicato con grande attenzione e con rispetto», ha detto Renzi, spiegando che deve essere pubblicata solo la parte di "ascolti" che attengono al reato e non alle questioni private. Comunque, ha aggiunto, non sono previste «sanzioni penali» per i giornali che violassero la riservatezza.Il ministro della Giustizia Andrea Orlando (Pd) è apparso molto soddisfatto. Ha subito premesso che «il pacchetto di riforma sulla giustizia credo sia ascrivibile a tutti i soggetti politici e ai soggetti della giurisdizione. È un pacchetto studiato con attenzione ed equilibrio dando ascolto a tutti e confrontandosi con tutti». Poi è entrato nel merito di alcuni provvedimenti. Sul civile, la filosofia del governo è innanzitutto quella di «disincentivare il ricorso ai tribunali», anche attraverso «una scelta diversa sulle compensazioni delle spese e un disincentivo per cause temerarie». Poi ci sarà «una razionalizzazione» del ricorso in appello, «senza diminuire le garanzie». Inoltre ci saranno sezioni specifiche nei tribunali per due categorie "privilegiate": famiglie e imprese. Sulla responsabilità civile dei giudici, Orlando ha spiegato che è stato abolito il "filtro" per accedere al ricorso. «Un filtro – ha detto – che si era trasformato in un tappo». Sarà sempre lo Stato a risarcire i cittadini in caso di malagiustizia, ma la rivalsa di quest’ultimo nei confronti del magistrato autore dell’errore passerà «dal 30 al 50 per cento» dello stipendio. Sul fronte del diritto penale ci sono numerose novità. Intanto, per far fronte al grave fenomeno delle prescrizioni, si propone che dopo il verdetto di primo grado il conteggio della prescrizione si interrompa per due anni in appello e uno in Cassazione. Ma se nei tempi previsti non è arrivato il giudizio, allora per arrivare alla prescrizione si conteggiano tutti gli anni del processo. La norma, ha spiegato il ministro, non sarà retroattiva, nel senso che si applicherà solo quei processi che, al momento dell’entrata in vigore della legge, non saranno ancora giunti al primo primo grado di giudizio.Sulle intercettazioni, Orlando ha tenuto a chiarire che «nessuno vuole mettere bavagli né tantomeno ridurre lo strumento investigativo», ma solo «studiare gli strumenti più idonei a evitare la diffusione di notizie che non hanno rilevanza penale, fermo restando il confronto con gli editori e i direttori dei giornali». Quanto alla reintroduzione del reato di falso in bilancio, «doveroso per contrastare la presenza della criminalità organizzata nell’economia del Paese», ha spiegato che le pene per il momento sono rapportate alla cifra del falso, ma che è allo studio una possibile differenziazione delle pene tra società quotate in borsa e società più piccole.