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Nessun fattore esterno: il ponte Morandi di Genova è crollato perché «controlli e manutenzioni» non sono stati «eseguiti correttamente» nel corso degli anni. Lo scrivono, nella loro perizia, gli esperti ai quali il gip genovese, Angela Nutini, aveva presentato una lista di quaranta domande, tese ad accertare i motivi del collasso del viadotto autostradale sul Polcevera, che il 14 agosto 2018 ha provocato la morte di 43 persone. Secondo i periti del Tribunale, la causa scatenante della tragedia «è il fenomeno di corrosione a cui è stata soggetta la parte superiore del tirante Sud-lato Genova della pila 9», si legge nelle 500 pagine consegnate ai magistrati. Il documento è stato redatto nell’ambito del secondo incidente probatorio, quello che, appunto, deve stabilire le cause del crollo. Da qui partirà anche il processo a carico dei responsabili della tragedia.
Dal 1993, data dell’ultimo intervento di manutenzione, prosegue il documento consegnato in Tribunale, «non sono stati eseguiti interventi che potessero arrestare il processo di degrado in atto e/o di riparazione dei difetti presenti nelle estremità dei tiranti che, sulla sommità del tirante Sud-lato Genova della pila 9 erano particolarmente gravi». Di più: «Il tirante ha mostrato un’evidente e gravissima forma di corrosione nella zona di attacco con l’antenna. La corrosione dei cavi primari ha avuto luogo in zone di cavità e mancata iniezione formatesi nella costruzione del ponte».
Al termine del loro lungo lavoro, gli esperti sono arrivati anche alla conclusione che la corrosione non è la sola causa del disastro. A determinare il crollo, si legge sempre nella perizia, sono stati anche «i controlli e le manutenzioni che se fossero stati eseguiti correttamente, con elevata probabilità avrebbero impedito il verificarsi dell’evento». E ancora: «La mancanza e/o l’inadeguatezza dei controlli e delle conseguenti azioni correttive costituiscono gli anelli deboli del sistema; se essi, laddove mancanti, fossero stati eseguiti e, laddove eseguiti, lo fossero stati correttamente, avrebbero interrotto la catena causale e l’evento non si sarebbe verificato».
Invece, una lunga serie di mancanze ha provocato il crollo, rispetto cui, sottolineano i periti «non sono stati individuati fattori indipendenti dallo stato di manutenzione e conservazione del ponte». Condizioni che il gestore conosceva ma ciononostante non ha messo in campo, secondo i perito del gip, interventi adeguati.
«I sistemi di ispezioni e di monitoraggio attuati – si legge nuovamente nel documento dei periti – pur conoscendo i rischi di degrado dei materiali nelle specifiche applicazioni, non sono risultati adeguati a individuare le criticità presenti nella parte di viadotto crollata».
Problematiche anticipate dallo stesso progettista, l’ingegner Riccardo Morandi. «Sono state trascurate negli anni – scrivono, a tal proposito, i periti – le indicazioni dello stesso ingegner Morandi con particolare riferimento al degrado degli acciai» dei tiranti.