La sentenza del Tar del Lazio sui professori di religione viene "rimandata"... al Consiglio di Stato. Il ministero dell’Istruzione ricorrerà alla più alta istanza di giustizia amministrativa contro l’esclusione dei docenti di questa materia dalla partecipazione «a pieno titolo» agli scrutini e all’attribuzione dei crediti. Lo ha annunciato ieri la titolare del dicastero di viale Trastevere Maria Stella Gelmini.Il ministro accompagna la decisione con una serie di ragioni di carattere culturale e tecnico. «La religione cattolica – spiega in una nota – esprime un patrimonio di valori di storia e di tradizioni talmente importante che la sua unicità deve essere riconosciuta e tutelata». Inoltre «i principi cattolici, che sono patrimonio di tutti, vanno difesi da certe forme di laicità intollerante che vorrebbero addirittura impedire la libera scelta degli studenti e delle loro famiglie». La Gelmini entra poi nel merito della sentenza che dice di non condividere, visto che esiste «piena libertà» di frequentare le ore di religione e chi lo fa subisce così un «ingiusto danno». Ma soprattutto visto che tale insegnamento «non costituisce un credito scolastico, ma un credito formativo e non incide quindi in maniera diretta sul voto». Infine il ministro intende valorizzare e coinvolgere i docenti di religione che invece il pronunciamento del tribunale amministrativo «tende a sminuire», rendendoli di «serie B».L’atto del ministro, che è intervenuto dal luogo dove sta trascorrendo le vacanze, era stato lungamente invocato durante la giornata di ieri. E alla fine ha messo d’accordo parecchi esponenti dei diversi schieramenti politici. Tranne liberisti radicali e sinistra comunista, per una volta uniti in una visione culturale ben sintetizzata dal titolo del quotidiano il manifesto di ieri: «Screditata» (ovviamente si intende la religione a scuola). «In un paese civile – sostengono Carlo Pontesilli e Michele de Lucia di anticlericali.net – la sentenza dovrebbe essere un primo passo verso l’eliminazione dell’insegnamento di qualsivoglia confessione religiosa all’interno dell’insegnamento pubblico».I radicali, sono, però, radicali. Distinguo e sfumature striano, invece, gli altri partiti. E in alcuni casi sfociano in clamorose divergenze, come nell’Idv tra Antonio Di Pietro e Stefano Pedica. «Da cattolico non posso che condividere la decisione del Tar del Lazio», afferma perentorio l’ex pm, mentre l’altro (che si definisce teo-leg, cattolico per la legalità) invoca l’intervento del Capo dello Stato contro il provvedimento. Ma anche nel Pd le crepe sono molte. E se non si sono espressi i leader in competizione congressuale, le diverse anime del partito hanno comunque battuto un colpo. A partire da Beppino Englaro, per il quale «dobbiamo essere fieri di questa magistratura che, come nel caso di Eluana, ha saputo dare una risposta in nome delle libertà fondamentali garantite dalla Costituzione». Di tutt’altro avviso gli ex popolari Giorgio Merlo e Maria Pia Garavaglia. Per il primo è proprio la sentenza «a incrinare il principio di laicità, perché impedisce agli studenti di essere valutati nella materia da loro scelta». Mentre per l’ex ministro della Sanità escludere i docenti dagli scrutini è una «forzatura». Invocano rispetto per la religione e gli accordi Stato-Chiesa gli ex diessini Luigi Berlinguer e Vincenzo Vita, ma in sostanza difendono l’operato del Tar. Per Berlinguer, oggi europarlamentare e in passato ministro della Pubblica Istruzione, «una scelta religiosa è un fatto di libertà e non può essere valutata con forme come voti o crediti». E se questa è la motivazione del Tar «è difficile eccepire». Vita si stupisce degli attacchi alla decisione espressa da un organo laico.Da Udc, Pdl, Lega, Destra di Storace e pure dai Pensionati di Fatuzzo arrivano, però, voci in dissenso con i magistrati. Parla di «debolissime e opinabilissime motivazioni giuridiche» il segretario centrista Lorenzo Cesa, che giudica tempestiva l’azione del ministro, condivisa «al cento per cento». Si augura una «smentita» dal Consiglio di Stato il compagno di partito Luca Volontè. «Non sono una novità le sentenze ideologiche», dice Piergiorgio Stiffoni del Carroccio. «Furia anticattolica», incalza il ministro per l’Attuazione del programma Gianfranco Rotondi. E il collega delle Politiche europee Andrea Ronchi dice che la critica alla sentenza «interpreta un sentimento condiviso da milioni di italiani». Insorge il Pdl. Con Fabrizio Cicchitto che, però, sceglie di spostare il problema. Mentre, infatti, gli altri responsabili dei gruppi parlamentari Maurizio Gasparri, Gaetano Quagliariello e Italo Bocchino hanno parole dure verso il provvedimento, il capogruppo alla Camera trova consonanza bipartisan con la responsabile scuola del Pd Mariangela Bastico nel sostenere che la vera questione è l’offerta di un’alternativa a chi non frequenta religione. Su posizioni opposte tra loro, infine, gli ex radicali del Pdl Daniele Capezzone e Benedetto Della Vedova. Il secondo appoggia il Tar senza scagliarsi contro l’ora di religione: ma la valutazione va fatta da «professori che conoscono tutti gli alunni». Il portavoce del partito, invece, plaude alla Gelmini e chiede di evitare scontri tra laici e cattolici.