Divide l’Italia in due, non solo geograficamente. Collegherà infatti la Puglia all’Emilia, il gasdotto Rete Adriatica. Quasi settecento chilometri di tubo interrato tra Massafra (Taranto) e Minerbio (Bologna), per lo più lungo la dorsale appenninica, che raddoppieranno sul versante est l’infrastruttura di trasporto del gas. L’opera, che attraverserà dieci regioni, è formata da cinque tratti autonomi, con il percorso più lungo e più discusso proprio in Abruzzo (lo attraverserà per circa 104 chilometri), visto che nel cuore della Valle Peligna, a Sulmona, verrà realizzata anche la centrale di compressione. Il ministero dell’Ambiente ha dato parere favorevole alla compatibilità ambientale per quattro dei cinque tratti del gasdotto, con l’emissione del relativo decreto di Via (valutazione di impatto ambientale). Pur avendo avuto il sì a costruire e il riconoscimento dell’utilità pubblica dell’opera, però, qualche dubbio resta, almeno tra i cittadini di alcuni territori attraversati. La Rete Adriatica è stato progettata dalla Snam nel 2004 per trasportare gas proveniente dal Nord Africa lungo il versante adriatico. Invece all’altezza di Biccari (Foggia), il tracciato del gasdotto è stato dirottato all’interno, lungo la dorsale, precisa la Snam, «a causa dell’elevato grado di urbanizzazione della fascia costiera e dell’immediato entroterra e delle criticità geologiche presenti». Ma proprio nel crinale appenninico il tracciato incontra, invece, altre criticità come la presenza di aree boschive e numerose zone protette, rischio sismico e idrogeologico. La ricerca Snam della via più adatta, comunque, si è fermata nello spartiacque appenninico, «la direttrice migliore in termini di continuità, sicurezza e compatibilità ambientale». È nel tratto umbro-abruzzese, quello tra Sulmona e Foligno, che ha avuto appena due mesi fa la dichiarazione di compatibilità ambientale, con prescrizioni, da parte del ministero (n.70 del 3 marzo 2011), infatti, che vanno usate ancor maggiori accortezze. A precisarlo è la relazione della commissione tecnica di verifica di impatto ambientale (n. 535 del 7 ottobre 2010), che ha analizzato gli studi prodotti dalla società di San Donato Milanese. In questa parte d’Italia il tracciato attraversa direttamente un’area tutelata, il Parco Nazionale Gran Sasso e Monti della Laga e cinque tra siti Zps e Sic natura 2000 (zone a protezione speciale e di interesse comunitario). Scorrendo ancora il percorso del gasdotto nel tratto Abruzzo-Marche, su 28 località attraversate, 14 sono classificate zona sismica 1 (rischio alto) e 14 zona sismica 2 (rischio medio). Anche la centrale di compressione di Sulmona è in quella di pericolosità massima. Una situazione, che anche dopo molte rassicurazioni, in una terra appena terremotata fa paura. Ai pareri contrari espressi negli anni passati dalla provincia di Pesaro, di Perugia, dell’Aquila, dal comune di Gubbio, di Città di Castello, di Sulmona, di alcune comunità montane, si è aggiunto ad agosto 2010 anche il no del capoluogo terremotato e la presa di posizione della Regione Abruzzo. Lo stesso comune abruzzese ha aderito a dicembre al ricorso per inadempimento dell’Italia alla Commissione europea, presentato anche dagli altri enti locali e da associazioni come Wwf e Italia Nostra, per verificare l’avvenuto rispetto delle direttive ambientali. La Snam, si legge nella delibera di Giunta, «in data 8 aprile 2009 ha presentato al ministero dello Sviluppo Economico una nuova istanza tendente ad ottenere la dichiarazione di pubblica utilità» del segmento Sulmona-Foligno (la precedente, stabilita con decreto del 28 giugno 2004, aveva durata quinquennale). Data perciò l’elevata sismicità del territorio e il fatto che il metanodotto «corre parallelo e talvolta interseca linee di faglia attive», il Comune chiede l’intervento dell’Europa. E già si pensa, qui come altrove, di rivolgersi al Tar per impugnare il decreto ministeriale di Via, mentre si studia anche un percorso alternativo del gasdotto, magari in mare.