venerdì 1 luglio 2011
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Anche uno come Osvaldo Napoli, che oltre ad essere il presidente facente funzione dell’Associazione dei Comuni è deputato Pdl ad alta visibilità televisiva, si lamentava. Ancora martedì sera nessuno del governo aveva pensato di chiedergli qualcosa prima di decidere quanto e come ridurre i trasferimenti di denaro dallo Stato centrale agli enti locali. «Il governo ci convochi immediatamente – chiedeva Napoli–, non vogliamo scoprire i contenuti della manovra leggendoli sui giornali».Invece è andata proprio così: l’esecutivo ha decretato il taglio da 9,7 miliardi di euro per le amministrazioni locali senza consultare governatori e sindaci. Era infatti una finta svolta quella convocazione dei governatori delle Regioni a Palazzo Chigi fissata per le 13.30 di ieri, un’ora e mezza prima dell’inizio del Consiglio dei ministri. Vasco Errani, governatore dell’Emilia Romagna e presidente della Confederazione delle Regioni, è sì andato a incontrare il governo, ma non per parlare di tagli: il tema erano i rifiuti napoletani. Della manovra si discuterà invece in un incontro tra governo, Comuni, Province e Regioni fissato per la prossima settimana.Le cifre circolate sui giornali, comunque, alla fine hanno trovato conferma. Tra il 2013 e il 2014 gli enti locali dovranno risparmiare 9,7 miliardi, con le Regioni chiamate a risparmiare 5,4 miliardi, i tagli per i Comuni valgono 3 miliardi e quelli per le Province 1,3 miliardi. Saranno però esclusi dai tagli gli enti locali considerati «virtuosi», cioè quelli collocati «nella classe più virtuosa» nelle graduatorie.In questi numeri Comuni, Regioni e Province leggono la fine del federalismo fiscale. «Si sta di fatto togliendo ogni prospettiva di reale applicazione al federalismo fiscale avviato con la Legge 42 del 2009» dice Errani per le Regioni basandosi sulle indiscrezioni circolate sulla bozza della manovra. Questo testo è «il rinvio, se non la fine, dell’applicazione del federalismo fiscale per i Comuni, che risulta essere ormai totalmente compromesso» conferma un anonimo dell’Anci, aggiungendo che «a questo punto le uniche vie possibili da percorrere sembrano essere quelle dei ricorsi alla Corte Costituzionale». Il governo «mette a rischio il processo di attuazione del federalismo fiscale» ribadisce poi Giuseppe Castiglione, presidente dell’Unione delle Province, che per ironia della sorte ieri a Bologna chiudeva la prima giornata del seminario organizzato dalle Province proprio sul tema del Federalismo fiscale.Ma c’è un allarme anche più grave della morte del giovanissimo federalismo fiscale. È il rischio di chiusura dei servizi locali minacciato sia dall’Anci che dalle Regioni. «La manovra che il Governo si appresta a varare fa scelte gravi che possono porre a rischio servizi pubblici fondamentali in settori come il trasporto pubblico locale e la sanità» avverte Errani, che trova sulla stessa linea i Comuni. Il presidente della Conferenza delle Regioni è però il più arrabbiato. Ricorda che la legge di contabilità pubblica prevede il confronto tra Stato centrale ed enti locali sulle scelte di politica economica che hanno effetti sui territori. È una questione di contenuti (la logica dei tagli lineari, dice Errani, «sta soffocando i trasporti pubblici locali, il servizio sanitario, la scuola, la formazione ed il welfare) ma soprattutto di metodo, perché «servono misure per incentivare lo sviluppo e la crescita, snellimenti procedurali veri, ma soprattutto serve la volontà reale di dar vita ad una leale collaborazione istituzionale».
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