venerdì 29 novembre 2013
​Domani è la Giornata della colletta alimentare. Chi va a fare la spesa è invitato a donare alimenti non deperibili. Il Banco: «L'Europa ha stretto i cordoni e il governo non ci aiuta, dovremo ridurre i pasti».
Dhl a fianco del Banco Alimentare
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A snocciolarli, i numeri della povertà, pensano le statistiche. A farne bandiere per programmi troppo spesso traditi, pensa la politica. Ma dietro ai numeri, ci sono le file di persone. La domanda concreta di aiuto. Che prima di tutto è pane. Latte. Olio.Domani è la Giornata nazionale della Colletta alimentare, l’occasione per tutti di dare un contributo a chi non ce la fa. Ma mentre nei 9mila e passa supermercati d’Italia la carità si farà gesto reale – come ogni anno – tra i “piccoli”, i grandi stanno a guardare. E la catena di solidarietà del Banco alimentare, che garantisce le derrate alimentari a oltre 8.800 strutture nel nostro Paese, per un totale di 1.800.000 milioni di poveri sfamati, rischia per la prima volta di interrompersi.Vallo a spiegare, nell’emiciclo di Bruxelles, dove si decide su quanto stanziare nel 2014 per il Fondo di aiuti europei agli indigenti, che le lungaggini burocratiche di regolamenti e ratifiche (l’ultimo incontro ha rimandato la decisione all’anno nuovo) tolgono pasti sui tavoli delle mense dei poveri. Fino alla fine del 2013 in Italia ci si arrangerà, con i rimasugli del Programma per la distribuzione di derrate alimentari agli indigenti (Pead) che finora ha mandato avanti il meccanismo della carità a livello europeo. Ma la riduzione delle scorte sta per mandare il sistema definitivamente in pensione e d’ora in poi bisognerà fare a meno delle derrate e arrangiarsi coi (pochi) fondi: 2,5 miliardi fino al 2020, 495 milioni nel 2014 (di cui 135 ancora incerti), da dividere tra 28 Paesi e non solo tra gli enti che si occupano di sostegno alimentare, ma anche tra tutti quelli che garantiscono altri aiuti sociali, come vestiario e casa per esempio. Risultato? L’Europa stringe i cordoni, mentre dal 2010 i suoi poveri alimentari sono cresciuti del 47%. E a chi con questi poveri si misura ogni giorno, all’ora dei pasti, comincia a mancare una risposta per tutti. Che significa dire a una persona in carne e ossa, mani tese e occhi lucidi, «mi dispiace, non ho niente con cui sfamarti».Vallo a spiegare anche al governo italiano, che in questa situazione di emergenza servirebbe un segnale concreto. Che mentre si discute di Imu e altri balzelli, la coda alle mense di Milano, Torino, Napoli, cresce ogni giorno, senza sosta. L’anno scorso di questi tempi si era annunciata in pompa magna l’istituzione di un Fondo nazionale di aiuti alimentari agli indigenti. La speranza era che nella Legge di stabilità venisse stanziata una cifra che compensasse gli ammanchi sul fronte europeo. E invece ecco la sorpresa: 5 milioni di euro nel 2014, in cui oltre ai soldi per le derrate rientrano anche quelli per la social card. «Una cifra irrisoria – spiega il presidente del Banco alimentare, Andrea Giussani – che speriamo possa salire almeno a 35 milioni, come proposto da 18 emendamenti presentati in Senato».Non restano che gli accordi con le grandi catene di distribuzione, le imprese e le società che donano al Banco le loro eccedenze (quest’anno alla lunga lista si è aggiunta anche Finmeccanica con le su 14 mense). E la giornata di domani, la carità della gente comune. Questa carità, su 70mila tonnellate di cibo distribuite ai poveri l’anno scorso, ne ha donate ben 9.600. «L’attività quotidiana del Banco diventa nel giorno delle Colletta un invito rivolto a tutti – spiega Giussani –, la possibilità di dare una mano concretamente a chi è in difficoltà. Questa situazione e la chiusura del programma europeo di sostegno alimentare ci sprona a fare ancora di più per incrementare la raccolta di eccedenze alimentari». Nell’attesa della carità delle istituzioni.
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