Non cambia il quadro, cambia l’accusa. Roberto Formigoni, ora accusato di essere tra i promotori di un’associazione a delinquere, avrebbe preso attraverso il duo Pierangelo Daccò e Antonio Simone, 8 milioni di benefit (vacanze, barche, voli con aerei privati, ville affittate ai Caraibi, la residenza acquista a prezzi scontato in Sardegna). Lo si legge nell’avviso di chiusura indagini recapitato ieri dalla procura di Milano agli indagati.Le indagini bancarie, partite lo scorso ottobre, non provano che il governatore abbia incassato materialmente alcunché, proverebbero invece che non ha mai pagato le sue quote, e che non ha mai restituito un centesimo. Per Daccò e Simone i pm (Ruta,Pedio,Pastore) scrissero che «attraverso un gruppo criminale organizzato per dieci anni hanno in sostanza controllato interi settori della sanità lombarda». Tutti e tre, insieme ad altre 13 persone farebbero, parte di un’associazione a delinquere finalizzata alla corruzione. L’accusa riaprirebbe per il governatore anche un capitolo che sembrava chiuso, il San Raffaele, per il quale neppure Simoni è stato mai indagato. In tutti e due i casi lo strumento per finanziare sarebbe stato quello delle prestazioni di eccellenza o i contributi alla ricerca.«La tempistica della procura è come sempre molto efficiente: che cosa non si fa per cercare di coprire – è stata la reazione di Formigoni – lo scandalo Monte dei Paschi di Siena che rischia di travolgere la sinistra? Così, nel giro di 24 ore si incriminano Scaroni e Orsi, si condanna Pollari, si continua a distruggere l’Ilva, si depositano gli atti per Formigoni». Proseguendo, il governatore ha poi ribadito che Confermo che «nessun euro di denaro pubblico è stato sperperato».
Il solo Daccò, assurto a ruolo di protagonista nella bancarotta del San Raffaele, ha incassato una prima condanna a 10 anni che continua a scontare in carcere. L’altro elemento che ha fatto scattare l’accusa di associazione a delinquere è la scoperta del cosiddetto "bar sanità". In queste riunioni riservate a poche persone venivano prese le decisioni sulle delibere per favorire, sostiene l’accusa, la Fondazione Maugeri.Nell’elenco degli indagati l’unica vera sorpresa è quella di Carla Vites, la moglie di Simone, che scrisse una pesante lettera al Corriere sull’ingiusta detenzione del marito, attaccando proprio Formigoni.