sabato 2 luglio 2011
Dal testo della delega sulla riforma fiscale appena varata sarebbe sparito ogni riferimento ai nuclei; ce ne sarebbe soltanto uno, generico, sl tema della natalità. E sulle pensioni ancora polemiche: il taglio della rivalutazione scatta già a 18mila euro l'anno.
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La manovra e la delega sulla riforma fiscale appena varate dal governo riservano una sgradita sorpresa ai contribuenti i­taliani e alle loro famiglie: dopo tante promesse, il testo della dele­ga - per quanto generico - non con­terrebbe alcun riferimento a un fu­turo trattamento di favore ai nuclei più numerosi, né a nuovi bonus per i figli, dei quali pure si era parlato. C’è solo un impegno, altrettanto generi­co, a concentrare «sulla natalità» i re­gimi fiscali più fa­vorevoli che ci sa­ranno dopo la revi­sione del sistema. La manovra ripro­pone anche il tema del conflitto generazionale: se da una parte infatti gli imprenditori, quelli giovani sotto i 35 anni, 'in­cassano' il forfettone fiscale (ap­pena il 5% per 5 anni) per avviare nuove attività, i pensionati - e non solo quelli con assegni 'd’oro' (si parte infatti da quota 18.300 euro) - si vedranno stoppata la rivaluta­zione. Unica attenuazione al con­flitto arriva dal fatto che il forfetto­ne varrà anche per i 'quasi anzia­ni' che hanno perso il lavoro o so­no in cassa integrazione. Sono le luci e le ombre della ma- novra da 47 miliardi (ma la cifra po­trebbe essere destinata a cambia­re) che, oltre a trovare nuove risor­se per avvicinarci al pareggio di bi­lancio a fine 2014, è ricca anche di norme 'ordinamentali' che po­trebbero però cadere durante il cammino parlamentare: l’opposi­zione già sottolinea che non han­no alcun carattere d’urgenza, co­me imporrebbe il decreto. Spulciando il gior­no dopo il testo (pe­raltro ancora non ufficiale, in attesa della firma del Qui­rinale), si trovano novità e conferme. Fra le prime, c’è la rivalutazione limi­tata al 45% per gli assegni di pensione che superano il trattamento mini­mo di tre volte. Quindi, spiega lo stesso governo nella manovra, con una pensione di circa 2.300 euro lordi al mese (30.500 l’anno per 13 mensilità) non si avrà più la rivalutazione; ma anche con una pensione di 1.400 euro (pari a 18.300 l’anno) la riva­lutazione si dimezza. Sulla riforma fiscale, intanto, ri­parte il lavoro dei tavoli tecnici. Il primo a riunirsi, la prossima setti­mana, tra i 4 istituiti dal ministro Tremonti, sarà quello sulla giungla degli sconti, guidato da Vieri Ce­riani. Dovrà infatti arrivare proprio dallo sfoltimento delle agevolazio­ni, visto che di fatto l’aumento del-­l’Iva è stato accantonato nell’im­mediato, il grosso delle risorse con cui finanziare la riduzione a 3 del­le aliquote Irpef. Assieme sempre ai risultati della lotta all’evasione. Con tre sole aliquote arriveranno «grossi vantaggi economici solo per il 4% circa dei contribuenti», cal­cola il segretario della Cgia di Me­stre, Giuseppe Bortolussi. Anche se nel disegno di legge delega non so­no ancora indicati i nuovi scaglio­ni di reddito, la simulazione realiz­zata dalla Cgia si basa sulle ipotesi circolate nei giorni scorsi. Vale a di­re: il 20% da 0 a 15mila euro; da 15.001 a 55mila, il 30%; oltre 55mi­la, aliquota al 40%. Ivan Malavasi, neo-presidente di Rete Imprese Italia, chiede che la riforma «sia realizzata in modo ta­le da non penalizzare i consumi». Le notizie riguardanti un possibile aumento, sia pure graduale e futu­ro, dell’Iva lo preoccupano «perché vanno nella direzione opposta». Sulle rendite al 20% arriva invece il plauso di Corrado Passera, consi­gliere delegato di Intesa SanPaolo: «È un allineamento a quello che succede in tutta Europa».
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