venerdì 9 settembre 2011
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«Se va in porto questo decreto avremo una scuola imbalsamata e una società sempre più ingessata». Anche il professor Paolo Prodi, presidente della Giunta centrale per gli studi storici, ha firmato “l’appello pubblico a difesa delle giovani generazioni, del futuro della scuola, dell’università e del nostro Paese”. Lanciato dal Coordinamento liste per il diritto allo studio, l’appello, in appena 48 ore, ha superato le settemila adesioni. Tra i firmatari, non solo professori e studenti, ma anche casalinghe, impiegati e operai di tutte le regioni d’Italia. Segno che il tema dell’accesso dei giovani alla professione di insegnante è sentito da una larga fetta della popolazione ed è trasversale anche agli schieramenti politici.«Ho firmato – spiega Prodi, docente emerito dell’Università di Bologna – perché, dietro a questo progetto, vedo un grosso rischio: vivere in una società dove tutto è regolato e programmato sulla base di proiezioni astratte. Credo che questo sia abbastanza controindicato, soprattutto per forze politiche, come quelle che sostengono l’iniziativa del ministro Gelmini, che si dicono liberali, ma poi, all’atto pratico, si comportano all’opposto».Amareggiato e deluso è il professor Giorgio Israel. Da presidente della Commissione ministeriale incaricata di individuare le nuove norme sulla formazione iniziale dei docenti, mai si sarebbe aspettato un esito del genere. «A che pro abbiamo lavorato. se poi i numeri dei posti disponibili non permettono di aprire le porte delle scuole ai giovani?», si chiede il professore di Matematica alla Sapienza di Roma. A giudizio di Israel, inoltre, il decreto assesterà un «colpo durissimo» all’università, che vedrà drasticamente diminuire le iscrizioni. «Le università – aggiunge Michele Lenoci, preside di Scienze della formazione all’Università Cattolica – saranno costrette a rivedere i propri programmi. Soprattutto le facoltà di Lettere, Lingue e Matematica, che per la gran parte formano i futuri insegnanti, dovranno, secondo il professor Lenoci, «ripensarsi in un contesto che esclude i giovani laureati dalla scuola del futuro».Ai giovani pensa anche Roberto Pellegatta, presidente dei dirigenti scolastici di Disal: «I giovani devono avere la stessa opportunità di insegnare a scuola come i più anziani che attendono nelle graduatorie. Così, tra l’altro, dice anche una legge dello stato, la 124 del 1999. Non dare le stesse opportunità vuole dire poi scegliere solo per l’anzianità come unico parametro di selezione, eliminando così il valore del merito e delle capacità».
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