lunedì 23 marzo 2009
Senza paura nel Pdl, a costruire il futuro: così il presidente della Camera chiude l'ultimo congresso di Alleanza Nazionale prima della confluenza del partito nella Casa delle Libertà. Che «non è il partito di una persona, ma della Nazione».
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Senza paura nel Pdl, a costruire il futuro, preoccupandosi prima dell'identità degli italiani e dopo della propria. Di nuovo Gianfranco Fini chiede alla destra italiana di uscire da una casa con la certezza di non farvi più ritorno. Nel giorno di una nuova svolta, Fini sprona An a traslocare i suoi valori in una casa più grande, "il Pdl, che dovrà essere ampio, plurale, inclusivo, unitario, interclassista". Unitario sì, "ma non partito del pensiero unico, perchè c'è una contraddizione tra pensiero unico e popolo della libertà, col pensiero unico manca la libertà". «Una svolta senza paura». Una "storica missione", la costruzione della nuova casa, "da vivere senza paura, gettando il cuore oltre l'ostacolo". La continuità con la destra del Msi e di An sta nei valori, primo tra tutti quello di patria. "Oggi finisce An, nasce il Pdl, continua il nostro amore per l'Italia. La stella polare è ancora e sempre la patria, l'interesse della nazione e non della fazione - dice Fini - E allora la sfida è capire quale sarà l'Italia tra 10-15 anni. E dare risposte non solo alle paure ma soprattutto alle speranze degli italiani, perché il consenso si può raccogliere alimentando paure o coltivando la speranza". «Nessun culto della personalità». Disegnare "un progetto per l'Italia di domani". Questo si candida a fare Fini, senza subalternità a nessuno. La leadership è di Berlusconi, "ma non può essere culto della personalità, perché non solo chi è leader può avanzare un contributo di idee, orientamenti e soluzioni". Il Pdl "non è il partito di una persona, ma della Nazione". E allora a lungo raggio ne sarà leader chi sarà capace di dare risposte all'Italia che cambia, in un mondo che cambia.«Nessuna corrente di An nel Pdl». Altro che "correnti di An nel Pdl", altro che difesa della nicchia e dell'identità. "La sola identità di cui dobbiamo preoccuparci - bacchetta Fini i colonnelli - è quella degli italiani nei prossimi 15-20 anni". Non si tratta si rinnegare nulla, perché "Fiuggi è stato il primo seme del Pdl". Già allora Fini aveva chiamato a raccolta tutti gli italiani, abbattendo l'angusto recinto della destra. Un passo fatto "per convinzione e non per convenienza", tanto che mai si è tornati indietro. Così come oggi "nessuno ci costringe, scegliamo noi coscientemente di porre una pietra della storia d'Italia, di aggiungere un altro anello alla stessa catena". Piace molto alla platea, più fredda in altri passaggi, questo riconoscimento. Così come Fini strappa l'ovazione quando dice che "non c'è stato nessuno sdoganamento". "È una parola che non mi piace, perché è relativa alle merci e non alle idee. Non c'è stato nessun regalo, nessuna grazia ricevuta, siamo solo stati in grado di affermare le nostre idee". Nessuno pensi però a "costruire nel Pdl una corrente di An". "Se questo era l'obiettivo, allora meglio tenersi un partito del 10-12%".Il riconoscimento di Berlusconi. Nessuna polemica aperta verso Silvio Berlusconi, in un discorso che guarda al futuro. Fini riconosce che la Forza Italia del Cavaliere "non è stata una meteora, un partito di plastica" e che l'unione degli azzurri con An "ha vissuto momenti difficili, alti e bassi, ma mai rotture insanabili". Ora c'è un altro tratto di strada importante da fare insieme, facilitati da valori comuni, che sono poi quelli del Ppe: laicità (che non è negare il magistero della Chiesa), centralità e dignità della persona, economia sociale di mercato. Insieme si dovranno fare anche le riforme, perché questa sia "una legislatura costituente". Prima tra tutte il presidenzialismo, "anche se non ci può essere un Parlamento messo in un angolo, a cui si chiede non disturbare il manovratore. Le Camere devono avere più controllo e potere di indirizzo".L'attenzione agli immigrati e al diritto della persona. Ma è soprattutto il Fini che si pone a paladino dei diritti in una società multirazziale e multiculturale, quello del discorso che scioglie An. Colui che si candida non per l'oggi, ma punta a raccolgiere consenso dando risposte ai problemi dei nostri tempi: l'immigrazione dovrà essere controllata, ma senza discriminazioni ("se il valore di riferimento è il primato della persona umana, non si può discriminare qualcuno solo perchè clandestino"), la religione non potrà invadere la sfera pubblica, davanti alla crisi servirà dialogo, Stati generali dell'economia, un patto tra categorie e generazioni. "Sarebbe un'enorme miopia pensare solo agli organigrammi del Pdl e non alle idee", si candida a governare il paese in futuro il leader di un partito che da oggi non c'è più. Accettando il rischio: "Dobbiamo metterci tutti in discussione, a partire da me. Io accetto la sfida. Per qualcuno verranno meno rendite di posizioni, per altri si apriranno opportunità inaspettate".
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