giovedì 5 agosto 2010
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«Tu saprai fare i conti pubblici, ma in Parlamento li so fare meglio io». Alla buvette Pier Ferdinando Casini si aggira come un vincitore. I conti gli danno ragione: con i suoi 37 voti su 38, l’Udc si conferma primo azionista di quello che non sarà un terzo polo e neppure un correntone, ma certo qualcosa di nuovo è, se non si parla d’altro da due giorni. Un cartello parlamentare che, numeri alla mano, se su singoli punti decidesse di votare contro sarebbe in grado di ribaltare gli equilibri di Montecitorio, conteggiando anche i 7 astenuti rutelliani e i 5 dell’Mpa di Lombardo.Riferiscono di un Gianfranco Fini raggiante: «Quello che ha detto la Moroni dinostra che non era una battaglia fra giustizialisti e garantisti». E ripeteva ai suoi: «Siamo leali, ma da oggi è chiaro che si dovrà discutere anche con noi». Su quali temi lo chiarisce, esemplificando, Fabio Granata: «Su giustizia, legalità e federalismo, siamo determinati a far valere le nostre ragini».Nell’Udc si sfila dal voto il solo Enzo Carra, al pari di Buno Tabacci, già in vacanza, dell’Api di Francesco Rutelli. E c’entra probabilmente la durezza di Tangentopoli vissuta in prima persona da entrambi. Ma anche dal fronte dei finiani si canta vittoria. Poco importa se all’autorizzazione concessa al ministro Ronchi e al vice-ministro Urso a votare contro (assenti perché in missione gli altri due sottosegretari Menia e Buonfiglio) si siano aggiunte le assenze dall’aula di Consolo, Angeli, Divella e Tremaglia, con gli ultimi due – fanno notare – che erano malati. Anche se l’aplomb anglossasone di Benedetto Della Vedova, prova a smorzare: «Questo non è un terzo polo, non è un nuovo partito». Ma un colpo lo assesta al governo, parlando di «grave imprudenza» e di «eccessiva confidenza con personaggi che non meritavano nè ascolto nè credito», invitando Caliendo a «valutare serenamente se una sospensione delle deleghe fino al chiarimento definitivo», giustificando così la differenziazione dalla maggioranza dei 25 astenuti finiani presenti in aula, e col problema di dove sedersi, per il momento.Ma il sassolino dalla scarpa se lo toglie anche Casini, rispedendo al mittente l’accusa di trasformismo del Pdl: «Non possiamo avere lezioni da chi in privato e in pubblico ha provato a chiederci atti di trasformismo, che noi abbiamo rifiutato». Con Fini è più di una mano tesa: «Ci sono novità – dice Casini – come la nascita di un nuovo gruppo, che possono cambiare il corso della legislatura». E avverte, parafrasando Sant’Agostino: «Meglio zoppicare sulla strada giusta che correre su quella sbagliata».
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