Va avanti il confronto tra gli ordini dei medici e la maggioranza, in un incontro con il gruppo del Pdl del Senato, mentre si dimostra sempre più un passo falso la forzatura nel documento sulle Dichiarazioni anticipate di trattamento (Dat), varato a Terni il 13 giugno dal consiglio nazionale della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (Fnomceo), nonostante un ampio dissenso (5 contrari e 7 astensioni) di alcuni degli ordini più numerosi. Il testo voluto dal presidente Bianco che ha prodotto la pesante spaccatura, invocando un «diritto mite», considera la nutrizione trattamento medico, quindi rifiutabile nelle Dat. «I pronunciamenti etico-deontologici sono sempre stati espressione della unanime volontà dei presidenti degli ordini. Si auspica che ciò, contrariamente a quanto avvenuto a Terni, ritorni ad essere la norma», ribatto- no i 18 vertici degli ordini di Aosta, Bologna, Caserta, Catania, Ferrara, Lodi, Lucca, Messina, Mantova, Milano, Oristano, Palermo, Pavia, Potenza, Roma, Rovigo, Trapani, Trieste. Il numero uno di Roma (l’ordine più grande, con il 10% dei medici), Mario Falcone, sottolinea nel suo intervento che il 13 giugno è «stata la prima volta che si è prodotto un dissenso sui principi del codice deontologico», una «scorciatoia» su una legge che la maggior parte dei medici non conosce, soprattutto la sua limitazione agli stati vegetativi. Il pronunciamento dei 18 presidenti ringrazia per l’invito «all’approfondimento » del ddl gli esponenti del Pdl e del governo e «la esauriente illustrazione» di Raffaele Calabrò, seguita da interventi dei presidenti di più ordini, con contributi migliorativi. Invece benzina sul fuoco aveva gettato lunedì la notizia, riportata da un’agenzia, che i medici non avrebbero partecipato all’incontro, perché il presidente della Fnomceo, Amedeo Bianco, con una mail definiva «irrituale» la convocazione. Minimizza Gabriele Peperoni, segretario nazionale, negando che Bianco, assente per ferie, abbia invitato a non partecipare. Ma dal presidente nessuna smentita ufficiale. Peperoni si dice contrario allo «scontro», ma insiste sul «diritto mite». «Se c’è divisione sui criteri deontologici – replica il sottosegretario, Eugenia Roccella – il legislatore non può mettere in campo un diritto mite, ma uno forte e chiaro, in modo che non ci possano essere dubbi sul piano deontologico». Il sottosegretario si dice «molto soddisfatta» della riunione. «ll dialogo con i medici è aperto – attesta – ed è fondamentale che prosegua», in particolare sui punti «caratterizzanti » del ddl. La Roccella riferisce che le associazioni dei malati in stato vegetativo hanno chiesto che alimentazione e idratazione siano «atti dovuti». Calabrò, dopo la sottolineatura delle concordanze con il documento della Federazione, definisce «equivoca » la richiesta dell’obiezione di coscienza e critica la considerazione di nutrizione come trattamento. A questo proposito il vicepresidente dei senatori del Pdl, Gaetano Quagliariello, spiega la scelta del ddl con il principio laico di «precauzione». L’obiezione di coscienza, peraltro, è inutile, in quanto le Dat non sono vincolanti. Questo non vuol dire che la volontà del paziente «scompaia », anzi è «centrale» nell’alleanza terapeutica. Il ddl «non è il migliore possibile», comunque ha superato «oltre 60 votazioni segrete con una maggioranza più alta di quella prevista». Quindi invita i deputati «all’umilità di impegnarsi nello scavo di una materia molto complessa», piuttosto che nel compromesso politico. Il presidente, Maurizio Gasparri, rammenta che sono state «le sentenze della magistratura ad obbligare a fare una legge in una materia così difficile, con sofferenza e fatica». Il ministro Sacconi conferma da parte del governo la disponibilità al dialogo. «Il Parlamento è sovrano», assicura, ma l’esecutivo che ha espresso la «sua motivata opinione » con il decreto per salvare Eluana Englaro, si augura che sia prevalente la volontà «di confermare i contenuti fondamentali del ddl». «Sono rimasto sorpreso – riferisce infine Antonio Tomassini – di fronte al documento di Terni, l’impessione è che si volesse effettuare un condizionamento politico». Il presidente della commissione competente, che ha organizzato l’incontro, ringrazia i medici per «la presenza numerosa», puntualizzando che il dibattito sul fine vita è inziato fin dalla XIV legislatura. Si riferisce al documento di Terni, il presidente della Camera, Gianfranco Fini, sostenendo che se sul ddl i medici «esprimevano perplessità, forse dovremmo averle anche noi». Auspica, sperando nei voti segreti, perciò il testo venga modificato con «una formulazione meno dogmatica».