L’esame della proposta di legge sul fine vita arriva alla Camera quasi all’approvazione dell’articolo 3 sui contenuti e i limiti delle dichiarazioni anticipate di trattamento. Manca solo la votazione di alcuni emendamenti, che riprenderà martedì, giornata in cui è prevista l’approvazione di tutto il provvedimento, destinato a tornare al Senato per l’ultima ratifica. «Finora ha raccolto un consenso ampio e trasversale – sottolinea il sottosegretario alla salute, Eugenia Roccella –, ben oltre le forze di maggioranza e gli schieramenti di partito. Mentre il Pd lasciava in aula ampio spazio ai radicali, esplicitamente a favore dell’eutanasia, all’interno dello stesso Pd un consistente gruppo di deputati ha votato non secondo le indicazioni di partito ma secondo coscienza». La Camera dimostra «grande senso di responsabilità e toni di grande rispetto reciproco», nessuna imposizione o «atto di arroganza», nota Pier Ferdinando Casini, rispondendo a Pier Luigi Bersani, che «con il cuore in mano» invita a fermarsi, attribuendo al testo in discussione l’effetto di porre la persona sotto il dominio della tecnica, dalle macchine e dei tubi fino alla morte. Ma il leader dell’Udc consiglia al segretario del Pd di «leggere bene il risultato scientifico e tecnico di queste votazioni, a partire dal suo gruppo», nel quale molti deputati, non accogliendo «l’idea che si stiano esercitando imposizioni di carattere ideologico, in molte circostanze o si sono astenuti o hanno aggiunto i loro voti a chi ha concorso alla elaborazione legislativa del testo». La legge punta a sottrarre la gestione del fine vita «alla lotteria delle sentenze», replica poi a Bersani il sottosegretario Alfredo Mantovano, ricordando che «il senso di umanità e di pietà conforme alla tradizione delle nostre famiglie», non si può tradurre nella indicazione: "faccia il giudice", e men che meno in "il giudice anticipi la morte". Obbligati dall’interventismo «giacobino» di certa magistratura, spiega il capogruppo del Pdl, Fabrizio Cicchitto, si sta mettendo in moto un ingranaggio che riporterà la vicenda del fine vita all’interno del «rapporto di umanità tra medico e paziente che ha sempre caratterizzato questo tipo di condizione». «I malati non ci chiedono certamente di mettere fine alla loro vita – obietta a Bersani il relatore Domenico Di Virgilio –. Grazie al progresso tecnologico molte vite sono salvate, è l’accanimento terapeutico che dobbiamo evitare». E per i Responsabili, intervenuti a favore del testo in esame più volte con Vincenzo D’Anna, il capogruppo Silvano Moffa in conclusione di seduta evidenzia come «il Parlamento stia dando una dimostrazione anche in termini di qualità del confronto». «Non vi sono mai state imposizioni di nessun tipo», assicura il presidente della commissione Affari sociali, Giuseppe Palumbo. La spaccatura nel Pd del resto diviene evidente quando la capogruppo in commissione Affari sociali, Margherita Miotto, dà l’indicazione di votare contro un emendamento del collega di gruppo Beppe Fioroni, sostenendo la tesi che, al pari di quelli dell’udc Paola Binetti, del leghista Massimo Polledri e della pidiellina Isabella Bertolini (poi approvati), restringerebbe le dat alla possibilità di rifiutare l’accanimento terapeutico. Che il Parlamento stia con la proposta in discussione lo dimostra peraltro il fatto che non passa il tentativo, forse sponsorizzato dallo stesso Bersani, di creare un asse tra l’area prevalente del Pd e i dissenzienti del Pdl con un emendamento a firma di Eugenio Mazzarella e di Giuseppe Calderisi. La Binetti vi individua «alcuni punti di chiara condivisione» accanto ad altri che la porteranno a votare «convintamente» "no". E la Camera lo respinge con 255 voti contrari e 220 favorevoli e 10 astenuti. È uno dei passaggi di minore distanza tra i due schieramenti trasversali. Per il resto della seduta le differenze sono quasi abissali: alcuni emendamenti sono respinti con uno scarto di più di 380 voti, con i contrari alle modifiche che arrivano a superare perfino i 440 deputati.