«Io credo che la vita umana va salvata in qualsiasi maniera, ecco. Quindi quella deve essere la stella polare che ci guida, poi tutto il resto è secondario» Il Segretario di Stato della Santa Sede, cardinale Pietro Parolin, ha risposto così ai giornalisti, a Potenza, a conclusione della Messa celebrata nell'ultima giornata della Festa del quotidiano Avvenire, riferendosi alla vicenda della nave Sea Watch3 della ong tedesca.
«Cerchiamo di sottolineare i segni di speranza che sono presenti, altrimenti come possiamo andare avanti?», ha poi detto, salutando una squadra di rugbisti. «Qualche volta anche noi abbiamo bisogno di essere un po' muscolosi - ha aggiunto, sorridendo verso i ragazzi - ma cerchiamo di lavorare o di remare tutti nella stessa direzione». Poi ha indicato la necessità di «sottolineare i segni di speranza: «L'unica risposta che oggi possiamo dare alle sfide del mondo presente è una testimonianza autentica di vita cristiana, un cristianesimo che vive le fondamenta degli atti di Dio, ma che poi sa tradursi anche in opere a favore della società. La testimonianza è la parola chiave dei cristiani di tutti i tempi».
Il cardinale Parolin ha dialogato questa sera nel Teatro Stabile di Potenza, con il direttore di Avvenire Marco Tarquinio sul tema: “La diplomazia della Santa Sede con Papa Francesco”. Ad accogliere e salutare ospiti e pubblico, l’arcivescovo di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo, monsignor Salvatore Ligorio. Moderatore dell’incontro il vaticanista di Avvenire Gianni Cardinale.
Parolin, con una lunga esperienza di diplomazia ecclesiale in giro per il mondo, ha parlato degli elementi di novità nella diplomazia della Santa Sede portati da Jorge Bergoglio. «Ho avuto qualche difficoltà ad accettare questo invito di Avvenire - ha confessato - perché la diplomazia deve caratterizzarsi per la discrezione, non dico la segretezza come in passato, ma si fa di più con i contatti personali che con i grandi proclami. Mai avrei pensato di servire il papa e la Chiesa in questa veste. Speriamo che il Signore non si sia sbagliato!».
«Le finalità della diplomazia della Santa Sede - ha poi aggiunto - si sintetizzano nella ricerca e nella promozione della pace, che nella Gaudium et Spes non è solo assenza di conflitto, ma che deriva dall'ordine e della giustizia, somma di beni materiali e spirituali. Altre diplomazie hanno interessi economici o militari. Papa Francesco si inserisce nel solco della Chiesa, invitandoci a non considerare i problemi in astratto, ma nella concretezza, avendo sempre di fronte i volti delle persone: bambini, anziani, emarginati, vittime di violenza».
«Poi per il Papa c'è la periferia: prima c'era una visione eurocentrica, il Papa cerca di introdurre una prospettiva diversa. Sono le periferie che aiutano il centro a capire il Mondo. La terza caratteristica è quella della pro-attività: non aspettare di reagire durante le crisi, ma prevenire ed essere presenti, tenendo contro che siamo pochi, la crisi delle vocazioni limita i mezzi della nostra diplomazia».
Tarquinio ha parlato poi di come la stampa ha considerato questo pontefice: «Dopo una fase di scoperta di questo Papa che veniva dall'emisfero australe, con uno sguardo periferico, si è cercato di inserirlo nelle categorie tradizionali della diplomazia vaticana, in un generico irenismo. Ma la Chiesa è libera da interessi. E ha potuto dire che viviamo una Guerra mondiale a pezzi. Abbiamo un grande bisogno di aprire gli occhi. I cattolici - ha ricordato il direttore di Avvenire - sono un miliardo e 310 milioni. I cattolici europei sono 270 milioni. Più di un miliardo sono extracomunitari. Abbiamo più fratelli, anche perseguitati, lontani da noi. Dobbiamo usare lo sguardo che ci suggerisce il Papa per riconoscerli».
Secondo il cardinale Parolin, dunque, papa Francesco considera «la diplomazia vaticana non mondana, è la diplomazia del Vangelo, per agire in base ai grandi valori della convivenza umana. E ha una grande stima per tutti i nunzi che si impegnano nella diplomazia vaticana». «Una differenza con le altre diplomazia - ha anche aggiunto - è che noi abbiamo sempre le persone nei luoghi. Le decisioni possono comportare effetti su di loro. Il Papa può essere preoccupato, ma si comporta sempre con una grande pace interiore, nessuno può toglierci la gioia profonda di sentirci amati dal Signore, che conduce la Storia, al di sopra delle tante agitazioni degli uomini. Noi dobbiamo metterci in sintonia con lui, per fare ciò che lui vuole».
Parolin ha poi parlato dell'accordo con la Cina sulla nomina dei vescovi: «È stato firmato dopo lunghi contatti, a partire dagli anni 80, poi ripresi dopo un'interruzione del 2005. È stato deciso di affrontare i problemi uno per volta. Ora tutti i vescovi cinesi sono in comunione col papa. C'è stata dal Papa l'accoglienza della richiesta di riconciliazione sui vescovi nominati senza l'accordo on la Santa Sede. Ora si sta cominciando a tradurlo in realtà, cercando candidati per le nomine episcopali, parecchie diocesi non hanno un vescovo. Il problema più preoccupante è la registrazione civile del clero non ufficiale. Sono stati pubblicati degli orientamenti per dare indicazioni al clero non ufficiale. Il principio che ci guida è che i cinesi siano buoni cittadini ma che non siano impediti nel vivere in pienezza la loro condizione di cattolici, nella comunione effettiva col Papa. Ci saranno momenti duri, ma si è creata una certa fiducia reciproca per affrontare i problemi futuri».
Parolin ha parlato anche di Vladimir Putin che sarà ricevuto nei prossimi giorni dal Papa: «Il presidente della Russia si considera uomo religioso, e riconosce nel papa l'incarnazione di quei valori, a livello personale. La Russia è molto attenta sul tema delle persecuzioni dei cristiani nel Medio Oriente e dei valori delle società occidentali. La situazione della Siria ci preoccupa molto, e la Russia ha avuto un ruolo importante. Così come la situazione del Donbass in Ucraina. Ci vogliamo confrontare per affrontare questi problemi».
Vuota retorica la formula due popoli due stati, così come hanno dichiarato i Vescovi di Terra Santa? «Noi riteniamo a livello teorico ancora valida la formula dei due stati secondo i confini definiti dalle Nazioni Unite. Ma è vero che suscita sempre più scetticismo nell'opinione pubblica. Noi riteniamo che l'unica strada è quella del dialogo diretto tra israeliani e palestinesi. Ma è abbastanza difficile perché manca un minimo di fiducia reciproca».
Molto importante, per il gesto e per il contenuto, la firma ad Abu Dhabi tra il papa e le autorità islamiche nella sua visita negli Emirati Arabia Uniti. «Il problema è che nell'Islam non c'è un interlocutore come nella chiesa cattolica. Nonostante ciò questa firma apre a un nuovo tipo di convivenza nei paesi a maggioranza musulmana: tutti sono cittadini con gli stessi diritti e doveri. Un testo che è già entrato nello studio delle università islamiche. Per i cambiamenti bisogna aspettare una necessaria, lenta maturazione». Parolin ha anche sottolineato poi l'importanza del viaggio del papa in Romania per il dialogo con gli ortodossi. I prossimi in Africa serviranno «per confortare le comunità cristiane in particolari situazioni di difficoltà nelle periferie».
Il segretario di Stato ha accennato anche alla situazione politica italiana: «Proprio quando è più difficili capirsi è lì che bisogna insistere per dialogare e parlarci. Le relazioni con la politica devono essere gestite dalle Conferenze episcopali, ma c'è sempre disponibilità» da parte della Santa Sede.
Infine il veneto, la terra di Parolin, che si è trasformato da democristiano a leghista: «L'unica mia preoccupazione è che non vengano meno quei principi di solidarietà, apertura, accoglienza che hanno sempre caratterizzato la nostra gente. Pensiamo al cattolicesimo sociale che al Settentrione si è incarnato in opere di solidarietà. I tempi cambiano, anche le categorie dei poveri, ho paura che cambi questa attenzione. Il tema delle migrazioni non è facile, la Chiesa deve ricordare i principi del Vangelo, i laici devono avere l'autonomia sulle scelte che spettano alla politica. Ma il principio che guida le scelte politiche deve essere guidato dalla solidarietà, rispettose della persona umana e della sua dignità. Ci si divide su questi temi, e le divisioni non portano alle soluzioni migliori, l'invito è ad affrontare insieme queste situazioni. Evitare l'esasperazione dei toni, che non serve a risolvere i problemi, che vanno affrontati in maniera costruttiva. La comunità mondiale ha cercato di dare delle risposte con il Global Compact. La collaborazione è un metodo indispensabile».