Fini? Stia in campana, non difenda i giudici politicizzati che vogliono inguaiare Berlusconi, perché ci sono dossier «a luci rosse» che rischiano di inguaiare lui. Vittorio Feltri, dalla prima pagina del 'Giornale' sferra un nuovo, durissimo attacco contro il presidente della Camera Gianfranco Fini, reo non solo di non sostenere abbastanza Berlusconi ma di tramare per fargli le scarpe. Confidando, magari, in una bocciatura da parte della Consulta del lodo Alfano, che riaprirebbe processi penali scabrosi per il premier. E sfruttando politicamente «il lavoro di magistrati su vari fronti». Le accuse di slealtà e di tenere in piede in due staffe, non nuove per la verità, vengono però questa volta condite con un passaggio piuttosto minaccioso. Citando anche il sostegno espresso recentemente da Fini ai magistrati che indagano su nuovi elementi delle stragi di mafia (gli stessi contro i quali si è invece scagliato Berlusconi) , Feltri avverte: attenzione a schierarsi con i giudici che fanno teoremi o, peggio, a confidare sulla loro azione per far fuori il premier, perché «oggi tocca al premier, domani potrebbe toccare al presidente della Camera». E poi l’affondo, che ha fatto gridare allo scandalo: «È sufficiente, per dire, ripescare un fascicolo del 2000 su faccende a luci rosse riguardanti personaggi di Alleanza Nazionale per montare uno scandalo. Meglio non svegliare il can che dorme». L’articolo di Feltri, pesantissimo sul piano personale contro il presidente della Camera, irriso per il suo (presunto) scarso seguito all’interno del Parlamento e del Paese, contiene anche una notizia che in qualche modo preannuncia la strategia del premier in caso di bocciatura del lodo Alfano: Fini sappia che «bocciato un lodo Alfano se ne approva un altro, modificato, e lo si manda immediatamente in vigore». L’attacco è di quelli senza precedenti, che fanno rumore. E finisce inevitabilmente per gettare bidoni di benzina sul fuoco che ormai da giorni divampa nel- l’accampamento del centrodestra. Acuendo ancor di più lo scontro tra i falchi berlusconiani e finiani, con buona pace delle colombe che hanno smesso di volare. Il conflitto è plasticamente reso dal confronto tra due dichiarazioni assolutamente divergenti tra il portavoce del Pdl, Daniele Capezzone, schierato con Feltri e uno dei coordinatori del Pdl, Ignazio La Russa, che difende a spada tratta Fini e chiede a Capezzone se questo sia il modo di pacificare il Pdl o, piuttosto, quello di «ottenere il risultato opposto». Fini ha scelto di non replicare in prima persona al gravissimo attacco. Parla però la deputata (finiana) Giulia Bongiorno, presidente della Commissione Giustizia della Camera, e avvocato di fama, nella sua (nuovissima) qualità di legale del presidente di Montecitorio: «Inserire – spiega – in un articolo che si riferisce a vicende politiche e al presidente Gianfranco Fini una allusione generica ad 'un fascicolo su faccende a luci rosse' è un fatto gravissimo che lede la reputazione del presidente. Valuteremo quali iniziative assumere in sede giudiziaria». Feltri replica a brutto muso, con un nuovo 'avvertimento': «Le querele non basta presentarle ma bisogna vincerle. E in questo caso sarà dura, molto dura». Assisteremo al paradosso, tutto italiano, del presidente della Camera, rappresentato dal presidente della Commissione giustizia, che cita in giudizio il giornale della famiglia del premier, difeso magari dal deputatoavvocato Niccolò Ghedini? Le opposizioni, dal Pd all’Idv all’Udc, fanno il tifo per Fini e parlano,di tentativi di intimidazione o di minacce mafiose o di ricatto, che nulla hanno a che fare con il giornalismo o il diritto di cronaca ai quali Feltri si è sempre appellato.