venerdì 10 giugno 2011
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Fortuna che c’è Facebook: per noi che non possiamo nemmeno manifestare perché incatenati a casa nella cura dei nostri familiari, la piazza virtuale è uno strumento straordinariamente efficace». Simona Bellini, presidente del Comitato prepensionamento dei familiari di disabili gravi e gravissimi, riparte dal Web: la battaglia che porta avanti da più di un quindicennio per il riconoscimento del lavoro di cura di chi assiste un disabile grave prosegue con tutti i mezzi possibili. E l’ultimo scelto sembra avere un buon successo: la pagina aperta sul più noto social network del mondo sta chiamando a raccolta tanti cittadini. Oltre 5mila quelli iscrittisi nel profilo dell’organizzazione in poche settimane.Il tam tam vede protagonista la legge sul prepensionamento dei cosiddetti «care giver», approvata nel maggio dello scorso anno alla Camera, ma poi arenatasi in Parlamento per questioni finanziarie: il provvedimento garantisce la possibilità di andare in pensione con un anticipo di 5 anni e minimo 25 anni di contributi ai familiari di disabili gravi al 100%, « con necessità di assistenza continua – recita il testo di legge – in quanto non in grado di compiere gli atti quotidiani della vita». «Dopo anni di lotte meritiamo di vedere concretizzato un diritto fondamentale: essere riconosciuti nel nostro impegno quotidiano. La legge, seppure imperfetta, porterebbe un valore di principio nel nostro Paese». I tamburi virtuali di battaglia hanno raggiunto tutti i senatori della Commissione bilancio e della Commissione lavoro, più un cospicuo numero di ministri. L’ultima promessa di impegno l’ha lanciata qualche settimana fa in Senato il sottosegretario al ministero del Lavoro Nello Musumeci, precisando che «iI Governo guarda con estremo interesse al disegno di legge sull’esonero dal servizio di quei lavoratori che si prendono cura dei familiari inabili bisognosi di assistenza continua. Abbiamo solo il dovere – ha aggiunto – di verificare la sostenibilità finanziaria dell’iniziativa». Resta appeso dunque per ora un provvedimento che, secondo il Comitato, potrebbe dare vero sollievo a centinaia di migliaia di famiglie italiane. Il messaggio dell’organizzazione è che «dare direttamente a loro la gestione delle risorse per l’assistenza domiciliare sarebbe un risparmio per lo Stato, bypassando tappe burocratiche inutili».Altro capitolo cruciale, garantire la uniformità della qualità dei servizi sociali e sanitari a livello nazionale, «ma con l’azzeramento operato sui Lea (i Livelli essenziali di assistenza) – aggiunge la Bellini – questo ormai appare una chimera». A pesare sulle famiglie anche la minaccia di sparizione del Fondo per la non autosufficienza nel 2011, con «400 milioni, già del tutto inadeguati, il cui mancato rinnovo – ha segnalato il Rapporto sui diritti globali presentato due giorni fa a Roma – andrà a pesare sui bilanci sociosanitari delle regioni». Secondo il Comitato, infine, non più rimandabile si rivela la necessità di fare dei dovuti distinguo sul tema degli interventi a favore delle disabilità, con una tempestiva revisione dei casi ammessi ai benefici economici. I dati, che lo stesso Istat ammette sono difficili da mettere insieme, parlano di circa 80mila disabili gravi e gravissimi nel nostro Paese, la quasi totalità dei quali viene accudito dal nucleo familiare. Ma su queste cifre e classificazioni pesa ancora un criterio non omogeneo di «categorizzazione» della disabilità.
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