«Vergognati». «Fai schifo». «Sparisci». «Gente come te deve stare in galera». Sono i più teneri – e i più sobri... – tra i commenti che hanno intasato nei giorni scorsi il profilo Facebook di Massimo Di Cataldo, il cantautore romano 45enne, protagonista a San Remo nel ’95, quando vinse la sezione giovane. Il suo maggiore successo l’anno successivo, con
Adesso te ne vai. Un titolo che sembra quasi prefigurare la lite scoppiata venerdì con Anna Laura Millacci, sua compagna per tredici anni e madre di sua figlia. È lei che ha postato in rete, sullo stesso social network, le foto di se stessa dopo le percosse subite – dice lei – dal cantante. La Millacci è, per sua stessa definizione, una visual artist: va da sé che con le immagini ci sa fare e delle immagini conosce la potenza. Il volto tumefatto, il rivolo di sangue che cola dal naso, le labbra strappate. E un grumo rosso scuro che spicca sul bianco immacolato della ceramica: «Questa volta me le ha date al punto da farmi abortire il figlio che portavo in grembo» scrive. Ma alla questura di Roma non risultano querele a carico del cantante: il compito di verificare se quel che racconta la donna è tutto vero è stato affidato agli agenti della Squadra mobile romana, che stanno effettuando le dovute verifiche sull’autenticità del profilo e delle immagini. «Queste foto che ho postato sono di venti giorni fa. Ho pensato a lungo se farlo o meno – si leggeva ancora ieri su Facebook – ma credo nella dignità e nel rispetto delle donne». La speranza, prosegue la Millacci, è che quel che ha fatto «sia utile a tutte quelle donne che subiscono uomini che sembrano angeli e poi ci riducono così». Segue un invito a Di Cataldo: «Se proprio devi continuare a fare musica... se hai un po’ di dignità non nominare mai più le donne. Perché le hai sempre e solo menate». Raggiunta al telefono dai giornalisti, la
visual artist si è detta sorpresa: «Non mi aspettavo tutto questo can can...». E descrive il suo compagno come «un uomo molto dolce, ma che va anche fuori di testa e alza le mani». Poi precisa: «Voglio che si sappia che non è un bruto». Per finire con un’esortazione: «Ma lo scriva, lui non è un violento. È un uomo gentile». L’uomo gentile, dal canto suo, è stato colto dalle accuse ai piedi del palco su cui, a Marina di Carrara, si preparava ad esibirsi al Lunezia Festival e a ricevere un premio per il valore musical-letterario delle sue canzoni. Sul palco ci è davvero salito ma con le lacrime agli occhi. Prima, ha replicato alle accuse a stretto giro di posta, sempre su Facebook: «Come può una donna, madre di mia figlia, arrivare a tanto, alterando la realtà, solo perché una storia finisce?». Di Cataldo ha avvisato – stesso strumento comunicativo, stesso registro – che sta «prendendo provvedimenti legali per la grave accusa che ho subito». La storia l’ha letta sui giornali: «Sono scioccato per come questa assurda notizia sia stata pilotata contro di me, con tanta leggerezza. Ho amato questa donna per tanti anni, al punto anche di annullarmi per lei, e oggi non la riconosco più, visto che, con tanta sconsideratezza, ha messo in scena questa farsa». Poi, ma del resto lui è un «uomo gentile», confessa che non vuole difendersi «usando gli stessi mezzi che lei ha usato per umiliarmi pubblicamente poiché credo ancora nell’amore e nella giustizia, e lealmente vorrei difendere la dignità di una persona che per la sua ambizione e per le sue aspirazioni egoistiche ha inscenato tutto questo». Poi l’accusa, neanche tanto sottile: «Sono io a essere stato colpito duramente e i segni che porto non si possono certo evidenziare ad arte in una fotografia».Materiale perché la storia continui ancora per un po’ a tenere banco nella rete ce n’è parecchio. Almeno fino a quando, tra una ventina di giorni, uscirà il suo ultimo disco...