Caro direttore,
il triste attacco di alcuni esponenti del mondo radicale alla presidente del Senato per la telefonata al presidente della Consulta è l’ennesima conferma di come l’ideologia neghi persino la verità dei "fatti", se non è funzionale alle forzature cui mira. Nondimeno – e senza per nulla entrare nel merito dell’eutanasia – i "fatti" rimangono gli stessi. Allora è bene elencarli, pedantemente, ancora una volta.
Con l’ordinanza n. 207/18 la Corte costituzionale ha "ordinato" al Parlamento (ancora composto di due Camere…) di legiferare in tema di assistenza al suicidio (art. 580 Codice penale), addirittura indicando un termine finale ovvero quello dell’udienza del prossimo 24 settembre 2019. Anche volendo prescindere da ogni giudizio circa il sovvertimento fra i ruoli dei poteri giurisdizionale e legislativo insito in questa inedita ordinanza, vediamo almeno se il legislatore sia stato nelle condizioni di rispondere alla sollecitazione del Giudice costituzionale nel tempo assegnato.
Nel regime bicamerale quando un ramo del Parlamento inizia a trattare una questione, all’altro ramo è fatto divieto di sovrapporsi. Nel nostro caso ha iniziato la Camera dei deputati, incardinando nelle Commissioni II e XII le proposte di legge nn. 2, 1586, 1655 e 1888 di modifica dell’art. 580 c.p. Tuttavia, il 1° agosto 2019 gli Uffici di Presidenza di tali Commissioni hanno ritenuto, allo stato, di non poter più procedere.
Quindi, il Senato poteva considerare la questione del suicidio assistito solo da venerdì 2 agosto 2019, a ridosso della pausa feriale già programmata dal successivo 7 agosto. A complicare le già improbabili possibilità operative di Palazzo Madama, l’8 agosto sopravveniva la crisi politica della allora maggioranza giallo-verde, che il 20 agosto ha condotto a formalizzare la relativa crisi di Governo. Ebbene, se il Governo è dimissionario i regolamenti parlamentari impongono la sospensione dei lavori di Camera e Senato e ciò fino alla completa ricostituzione del nuovo esecutivo. I nuovi sottosegretari hanno giurato il 16 settembre 2019.
Pertanto, calendario alla mano (sperando che coincida con quello di quegli esponenti del mondo radicale), la XII Commissione permanente del Senato ha avuto la possibilità di istruire per l’Aula i disegni di legge depositati in materia (n. 912 Mantero, n. 966 Marcucci e n. S. 1464 Binetti) solo dal 17 settembre 2019. Eppure, il 10 settembre precedente, nel corso del dibattito sulla fiducia il presidente Conte aveva auspicato che, prima della sentenza, «il Parlamento trovi il modo e le occasioni per poter approfondire tali questioni e lo possa fare rapidamente… per poter intervenire e legiferare in materia».
C’è forse qualcuno che vuol fare un sì ingiusto torto alle indiscusse virtù di giurista del premier, addebitandogli il retropensiero per cui il Senato avrebbe potuto dibattere e votare sul fine-vita in nemmeno una decina di giorni?
E ci sarà una ragione se tutti i capigruppo hanno sollecitato la presidente Alberti Casellati a informare, discretamente ma doverosamente, la Corte costituzionale della peculiare situazione in cui si è trovato impossibilitato a operare il Senato. Si tratta della stessa ragione offerta alla incontrovertibilità dei suesposti "fatti". Senza considerare i quali ogni posizione diventa, al contrario, irragionevole. Così, ignorare la oggettiva estromissione del Senato da ogni percorso post ordinanza 207/18 significherebbe praticare la prima "eutanasia" in Italia sullo stesso Parlamento. Speriamo non diventi un "fatto" anche questo.
Domenico Menorello è Coordinatore Osservatorio parlamentare "Vera lex?"