Matteo Renzi, a sinistra, e Carlo Calenda in un'immagine di repertorio - Ansa
Lavori in corso al centro. Carlo Calenda e Matteo Renzi sono in campo per raggiungere l’accordo. I due leader avvrebbero dovuto incontrarsi oggi, ma l'appuntamento è stato spostato di 24 ore. Ieri si sono sentiti al telefono ma, tra accelerazioni e frenate, l’intesa ancora non c’è. A parole tutti e due vogliono dar vita a un polo centrista che faccia da richiamo per i delusi di Pd e centrodestra. Un forza che se il voto non facesse emergere una chiara maggioranza potrebbe diventare il perno, ha spiegato il leader di Azione, su cui costruire un nuovo governo Draghi.
Ma l’accordo in ogni caso permetterebbe di superare più agevolmente la soglia del 3%. Una tagliola che allo stato preoccupa i renziani ma non lascia tranquilli, dopo il divorzio da +Europa, nemmeno i calendiani (entrambe le formazioni negli ultimi sondaggi stanno sotto la soglia). L’alleanza servirebbe dunque a sparigliare i giochi, una miccia per cambiare il corso delle sfida elettorale e far uscire le forze centriste dalla trappola del "voto utile" che penalizza i più piccoli.
«Se Carlo ci sta, noi ci stiamo», ha confermato ieri il capo di Italia viva, spiegando ai suoi che il «terzo polo è una opportunità straordinaria» ma «richiede generosità e impegno». Tradotto: ci sarà da fare anche qualche sacrificio in termini di visibilità e nella costruzione delle liste.
Calenda da parte sua ha detto che «stiamo lavorando a un accordo, parliamo soprattutto di cosa vogliamo fare e stiamo definendo tutto». Azione è convinta peraltro di ottenere l’esenzione per la raccolta delle firme dal momento che il suo leader è europarlamentare. Sono stati interpellati giuristi di fama (tra cui Sabino Cassese) e il responso sarebbe positivo. Ma l’intesa con Renzi da questo punto di vista eviterebbe ogni dubbio. Altrimenti per cautelarsi la formazione dovrebbe trovare quasi 37mila sottoscrittori sparsi tra i 75 collegi plurinominali di Camera e Senato entro una decina di giorni.
Comunque sia, la strada dell’intesa non è ancora del tutto sgombra dagli ostacoli. La giornata si è aperta con la lettura delle interviste rilasciate ai giornali. Dove Calenda spiegava che «l’accordo non è scontato né banale» perché «ci unisce la consonanza programmatica, ma ci dividono alcune scelte e i rapporti sono deteriorati da tempo». Mentre Renzi spiegava da parte sua che «se Azione ci sta siamo pronti a ricominciare assieme senza primogeniture e puntando al bene dell’Italia insieme possiamo fare il botto».
Ma nel corso della giornata è stata poi Italia viva, che oggi dovrebbe convocare gli organi del partito per decidere sul simbolo, a mostrarsi più prudente lasciando trapelare che tra i dirigenti «c’è scetticismo sull’intesa» e che la stessa corsa in solitaria non è ancora esclusa. Poi è di nuovo Calenda a intervenire: «ci sono le condizioni» per l’accordo ma «la discusione deve essere chiara, abbiamo il compito di integrare i due corpi». Come dire: non basta una sommatoria elettorale.
Segno che la "quadra" non è stata trovata e, mentre la trattativa va avanti, prevalgono i tatticismi. Secondo le indiscrezioni trapelate, inizialmente le due formazioni avrebbero ipotizzato una divisione 50-50 dei posti in lista con i due leader candidati uno al Senato (Renzi) e l’altro alla Camera. Ma successivamente Azione avrebbe chiesto più peso nelle candidature. In serata si è parlato di una lista unica con nel simbolo la scritta "Calenda" e sotto i simboli dei due partiti.
Una delle questioni poste dal numero uno di Azione è quella di avere una leadership «chiara» per il nuovo polo. «Magari anche una donna», ha aggiunto senza fare nomi. Anche se molti hanno subito pensato alla ministra Mara Carfagna che dopo la caduta di Draghi ha lasciato Forza Italia passando con Calenda e potrebbe ingaggiare un duello al femminile con Giorgia Meloni.