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Sarà un caso, ovviamente, ma nei corridoi del Transatlantico qualcuno guarda anche alla cabala e studiando i precedenti gli osservatori di lungo corso lo hanno fatto notare: mai nessun presidente della Repubblica è stato eletto al quinto scrutinio. Quello che si è consumato oggi è l'ennesima occasione in cui, superata la quarta votazione, bisogna andare avanti.
Se i partiti riuscissero a trovare un’intesa per eleggere oggi il nuovo capo dello Stato, si tratterebbe di un unicum per la storia repubblicana. Mai, infatti, si è verificata l’elezione del nuovo capo dello Stato al quinto scrutinio, quello successivo al primo nel quale si passa dai due terzi alla maggioranza assoluta.
Nel corso delle precedenti 12 elezioni presidenziali per ben quattro volte il quarto scrutinio è risultato decisivo: è accaduto per Luigi Einaudi nel 1948, Giovanni Gronchi nel 1955, Giorgio Napolitano nel 2006 e Sergio Mattarella nel 2015. Non è successo ieri, visto che a prevalere sono stati gli astenuti (441) e il più votato è stato ancora un volta il presidente uscente, Sergio Mattarella, con ben 166 voti.
Alla sesta votazione è arrivato, nel 2013, il Napolitano-bis ma la storia delle corse al Quirinale è costellata di esempi di elezioni più che travagliate, sbloccatesi ben oltre il quinto o il sesto scrutinio. Il record è quello di Giovanni Leone, eletto presidente nel 1971 allo scrutinio numero 23. Ma sette anni prima lo stesso Leone era stato protagonista di un percorso lungo quasi altrettanto. Era stato sul punto di farcela (al quattordicesimo spoglio) ma si era dovuto alla fine arrendere a Giuseppe Saragat, eletto alla votazione numero ventuno.
Anche per un presidente molto amato ed eletto con un ampio consenso (da lui stesso richiesto come condizione per correre) come Sandro Pertini l’elezione non fu certo una passeggiata. L’8 luglio del 1978 salì al Colle più alto al sedicesimo scrutinio con un’ampia maggioranza: 833 voti su 995. Sette anni dopo a Francesco Cossiga riuscì invece l’impresa dell’elezione al primo voto. Il 24 giugno 1985 l’elezione fu liscia come l’olio: 752 voti su 977.
Ampia maggioranza per Oscar Luigi Scalfaro ma solo al sedicesimo scrutinio e con l’accelerazione seguita alla strage di Capaci. A Carlo Azeglio Ciampi, nel maggio 1999, va il record assoluto di rapidità nello scrutinio. E viene eletto al primo voto con 707 preferenze. Accanto a lui a seguire lo spoglio nello studio di via XX settembre, un giovane Mario Draghi.