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Il caso Bibbiano, tra le altre, gravissime conseguenze, rischia di azzerare anche il sistema affidi. Anzi per quanto riguarda l’Emilia Romagna, il danno è già pesantissimo. E mentre l’inchiesta giudiziaria va avanti, facendo emergere altri fatti inauditi – come riferiamo qui sotto – nei giorni scorsi i responsabili di alcuni servizi sociali delle province di Reggio Emilia, Modena e Parma hanno incontrato il presidente del Tribunale per i minorenni di Bologna, Giusepppe Spadaro che, com’è noto, ha competenza sull’intera regione. Drammatico il quadro che n’è emerso. Il sistema della tutela dei minori fuori famiglia è di fatto paralizzato. Quasi impossibile trovare una famiglia affidataria. Ma quasi impossibili anche gli interventi ordinari da parte degli assistenti sociali. Un clima di sfiducia diffuso che induce i genitori in difficoltà a non chiedere più aiuto ai servizi e, d’altra parte, gli operatori dei servizi ad evitare interventi con decisioni che potrebbero essere fraintese e trasformate in nuovi casi giudiziari. Come uscirne? Nell’incontro con le assistenti sociali Spadaro ha ribadito l’urgenza di profondi interventi normativi per evitare il ripetersi di altri casi Bibbiano – ma questo è compito del legislatore – e ha sollecitato a non perdere la fiducia nella possibilità di lavorare al fianco dei minori in difficoltà e delle famiglie più fragili. Facile immaginare però che i tempi per colmare il baratro di sospetti aperto dalla tristissima vicenda della val d’Enza saranno tutt’altro che brevi.
Da Nord a Sud la paura paralizza i genitori disposti ad ospitare i minori per un periodo temporaneo. La situazione più critica proprio in Emilia Romagna, dove anche le attività ordinarie dei Servizi sono ferme
Nel frattempo l’allarme è generale, con scenari preoccupanti in ogni parte d’Italia. «Le famiglie stanno facendo un passo indietro rispetto all’affido, assistiamo disarmati al fallimento del lavoro fatto per anni nell’intento di promuovere questo istituto di prossimità che a tanti bambini ha garantito un futuro». Nessun sistema, tranne quello che ha fatto della strumentalizzazione il mantra quotidiano di certi politici e di certi giornali. «Così che alla fine – spiega rassegnato Gianmario Gazzi, presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine degli assistenti sociali (Cnoas) – il sospetto ha trionfato, e le famiglie hanno cominciato ad avere paura». Affidi quasi azzerati ovunque, dunque, e già a partire dall’estate. Con i Servizi in allarme, perché proprio gli affidamenti negli ultimi anni hanno fatto da perno nella gestione dei minori fuori famiglia (26mila il numero totale, la metà dei quali sistemati in comunità, l’altra nelle famiglie).
Ma se viene meno l’apporto delle famiglie, anche la rete delle comunità – già nel mirino dell’indagine governativa per i costi eccessivi – rischia di andare in tilt. D’altronde la scelta di aprire le porte di casa a un bambino in difficoltà, offrendo a un’altra famiglia la possibilità di ricostruirsi «è una scelta già di per sé difficile da prendere, che richiede sforzi, preparazione, formazione. Immaginarsi che effetto deterrente ulteriore può aver avuto la vergognosa propaganda fatta negli ultimi mesi, con l’equazione “prendere in affido” uguale “strappare bambini” ai genitori.
È legittimo che si siano creati dubbi e paure. Peccato che a fronte di errori e scorrettezze compiuti in un caso circoscritto – starà alla giustizia, si spera nel minor tempo possibile, accertarli –, «non si è fatto che generalizzare, fin dall’inizio, portando a un clima di caccia alla streghe che, oltre che colpire l’affido, ha fatto schizzare alle stelle anche il numero di aggressioni e minacce agli assistenti sociali all’urlo di “parlateci di Bibbiano” ».
Come se il “sistema” esistesse veramente: «E invece no, non c’è un sistema – continua Gazzi –. Ci sono professionisti che vogliono aiutare, ci sono tante richieste d’aiuto e ci sono territori, va ricordato, che non hanno aiuto perché quei professionisti non li hanno». La realtà, non va dimenticato, è quella di un Paese lontanissimo dal parametro di un assistente sociale ogni 5mila abitanti (abbiamo territori dove siamo a uno su 35mila o 40mila, per lo più precari), con famiglie che devono ricominciare percorsi e colloqui tutte le volte con una persona diversa. Ma dopo un decennio di tagli pesantissimi al welfare per famiglie e minori qualcuno poteva immaginarsi un esito diverso?