sabato 24 aprile 2010
Il parere ha valore solo consultivo. Ora la palla spetta al Governo. Il Centro di bioetica della Cattolica: non si possono creare situazioni patologiche.
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Con ampia maggioranza il Comitato nazionale per la bioetica (Cnb) ha dato parere positivo alla possibilità di utilizzare per i trapianti organi provenienti da donatori «samaritani», cioè persone che decidono di privarsi del proprio rene in forma del tutto anonima e senza alcuna richiesta di parenti o amici in lista d’attesa. La questione era stata posta al Cnb dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta dopo che nei mesi scorsi sono pervenute le disponibilità di tre persone (una in Piemonte e due in Lombardia) a rendersi donatori di rene in questo modo. Il Cnb, ha spiegato il vicepresidente Lorenzo D’Avack (che ha coordinato il gruppo ristretto che ha preparato il parere approvato ieri dalla assemblea plenaria), «non ha riscontrato maggiori rischi nella donazione samaritana rispetto a quelli che possono essere presenti nella donazione di organi da viventi, sia consanguinei sia affettivamente legati». Ora la palla ripassa al governo: il ministero della Salute potrebbe chiedere un parere tecnico al Consiglio superiore di sanità e/o al Centro nazionale trapianti. Ma non tutti hanno condiviso il parere del Cnb: tre sono state i voti contrari, altrettanti gli astenuti. E una nota del Centro di bioetica dell’Università Cattolica sottolinea che «l’idea che si possano creare mutilazioni e situazioni patologiche per rispondere alle esigenze di salute dei pazienti», crei «un circolo vizioso e improprio». Il Cnb ha stabilito limiti all’utilizzazione dei donatori «samaritani» sia per scongiurare possibili commercializzazioni degli organi, sia per evitare che si facciano avanti persone non pienamente consapevoli del loro gesto. Per questi motivi la verifica delle motivazioni dell’aspirante donatore dovrà essere affidato a «terze parti», non coinvolte né con l’équipe dedicata all’espianto, né con quella incaricata al trapianto del rene donato. Ed è stato ribadito che tale trapianto è «aggiuntivo» e non «sostitutivo» di quello da cadavere, che resta quello da incentivare. «Si è soprattutto evidenziato – aggiunge D’Avack – come il dono verso pazienti anonimi attraverso i centri ospedalieri assicuri l’assenza di qualsiasi incentivo economico per il donatore e quindi di qualsiasi commercializzazione dell’organo». Tale garanzia «è data anche dal fatto che il comitato raccomanda che venga garantito il principio dell’anonimato, che si deve realizzare evitando che donatore e ricevente abbiano rapporti reciproci, sia prima che dopo l’operazione». Si tratta di assicurazioni che non hanno convinto tutti: Francesco D’Agostino, presidente onorario del Cnb, ritiene prioritario salvaguardare il principio «fortissimo e laico (risale al diritto romano) che vieta di disporre e danneggiare il proprio corpo». Mentre il vicepresidente del Cnb Luca Marini, che si è astenuto, osserva che il documento «rischia di porre dei paletti eccessivi in nome del timor panico della mercificazione del corpo umano, rischiando così di disincentivare la formazione di una cultura della donazione altruistica». Molto critica la posizione di Adriano Pessina, direttore del Centro di bioetica dell’Università Cattolica: «La mutilazione del benefattore anonimo stravolge in realtà il significato stesso della donazione di organi da vivente, ammessa, in via eccezionale, laddove esistano relazioni parentali ed affettive. Il concetto di dono, infatti, comporta per sua natura la relazione da persona a persona ed è dettato solo da motivazioni gravissime ed eccezionali». Inoltre «avallare questa impostazione, dal punto di vista antropologico e culturale – sottolinea Pessina –, significa fare propria l’idea che il corpo sia un semplice composto di parti e non l’espressione dell’identità personale».
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