Tra una retromarcia sulla stretta per le banche e un duello tra Gianfranco Fini e il governo sul ruolo del Parlamento, fa un passo avanti l’iter di conversione del decreto legge anti-crisi, un multi-provvedimento che contiene tra l’altro scudo fiscale, sgravi per le imprese e novità sulle pensioni. L’esecutivo ha chiesto ieri il voto di fiducia su un maxiemendamento (47 pagine) che modifica il testo votato dalle commissioni, ma non quanto il ministero dell’Economia avrebbe voluto: su pressione del presidente della Camera due passaggi sono stati stralciati. L’aula di Montecitorio voterà la fiducia – la 23esima della legislatura – oggi pomeriggio mentre l’ok finale sul provvedimento, che poi passerà al Senato, è previsto per martedì. Dura protesta dell’opposizione per il voto «blindato» che esautora, è l’accusa, il ruolo delle Camere. Per l’ex ministro Massimo D’Alema il governo «disprezza il confronto in Parlamento» mentre «Fini cerca di difenderne il ruolo».Nei giorni scorsi il presidente della Camera aveva chiesto che il voto di fiducia fosse posto sul testo uscito dalle commissioni. Il maximendamento del governo presentava invece novità e cancellazioni e ha innescato un braccio di ferro tra Fini e il ministro dell’Economia. I due ieri si sono parlati due volte, prima in privato poi in Aula. E l’ex leader di An ha dato il via libera solo dopo avere ottenuto l’esclusione di due proposte non discusse in commissione, una relativa alle reti di energia e un’altra sulla proroga degli studi di settore. Sulle norme cancellate dall’esecutivo (tra cui appunto quelle sulle banche) Fini ha messo il dito nella piaga rilevando «come possa essere fonte di imbarazzo sul piano del rapporto fra governo e commissioni il fatto che si proponga oggi la soppressione di disposizioni su cui solo pochi giorni fa il rappresentante dell’esecutivo si era espresso favorevolmente».Ma il numero uno di Montecitorio ha anche voluto stigmatizzare il forte ampliamento della normativa rispetto al testo licenziato dal Consiglio dei ministri, «come dimostrano i numerosi articoli e commi aggiunti» e ha ricordato i richiami in tema del capo dello Stato. Per finire un’altra tirata d’orecchi all’esecutivo, quando ha affermato che «il binomio maxiemendamento-fiducia» non consente «il pieno dispiegarsi delle prerogative parlamentari» ed è una prassi su cui dovrà esserci «una riflessione» e «una regolamentazione». Chiamato da Fini ad «assumersi le responsabilità» in Aula sulle scelte fatte, Tremonti ha risposto di «condividere perfettamente le ragioni della presidenza» e spiegato che il testo su cui si voterà la fiducia è «quello base della Commissione» con diverse varianti soltanto lessicali.
Cosa cambia. Tra le novità di sostanza la principale riguarda l’azzeramento della «stretta» operata in commisione sulle banche: si torna così al testo originario, con il Pd che accusa il governo di piegarsi alle pressioni dell’Abi. Mercoledì il presidente Faissola aveva lanciato l’allarme: se passano le correzioni al decreto saranno a rischio i prestiti alle imprese. Con il ritorno alla versione originale si riduce l’applicabilità del tetto dello 0,5% ai costi applicati dalle banche sugli scoperti di conto. Si ammorbidiscono i limiti temporali su valuta e disponibilità di bonifici e assegni per i beneficiari mentre saltano i paletti sulle modifiche unilaterali dei tassi da parte degli istituti. Il testo della commissione, ha spiegato Tremonti, viene cancellato «perchè in contrasto con gli standard internazionali e le norme europee». Per il ministro la concessione alle banche dovrà comunque essere controbilanciata da una maggiore disponibilità degli istituti nella moratoria dei debiti delle imprese. Novità anche sulla vicenda della tassa sull’oro di Bankitalia. Il parere necessario «favorevole» della Bce al testo di legge, nella nuova formulazione diventa parere «non ostativo». Sembra di capire che se Francoforte dirà no la norma decadrà automaticamente per Via Nazionale.