Nei processi di separazione e divorzio il federalismo è già in vigore. Sono infatti 166 le diverse prassi in Italia per quanto riguarda affidamento figli, casa, assegno di mantenimento. Il dato è emerso dal convegno nazionale organizzato a Bologna dall’Associazione avvocati matrimonialisti italiani che ha denunciato un vero e proprio corto circuito. «L’anomalia tutta italiana», spiega il presidente dell’Ami Gian Ettore Gassani, «è che ogni tribunale adotti una prassi diversa. Questo ingenera l’incertezza del diritto. Non è possibile che dal punto di vista processuale la sorte di un cittadino dipenda dalla città in cui vive. Ci sono alcuni tribunali particolarmente garantisti dove c’è la specializzazione dei magistrati e altri dove si usano ancora i prestampati. Tutto questo non è accettabile». Una polverizzazione che ha anche delle conseguenze concrete. In alcuni tribunali del Nord l’affidamento condiviso non prevede una calendarizzazione dei momenti in cui il padre può stare con i figli. Per cui il provvedimento dice: il padre potrà stare con i figli quando vuole, previa comunicazione alla madre. A Roma esiste invece un calendario rigido. «Al Nord - osserva Gassani - si è recepito meglio il concetto di bigenitorialità. Noi vogliamo che anche al Centrosud i tribunali si adeguino a questa rivoluzione culturale, perché l’affidamento condiviso non è soltanto una riforma del diritto di famiglia ma anche una rivoluzione sociale». La disparità di trattamento riguarda anche la casa. «La Cassazione - ricorda il presidente - ha sancito che quando vengono concesse in comodato gratuito dai genitori del marito o della moglie le case coniugali, in caso di separazione la casa debba ritornare a chi l’aveva concessa in comodato. In alcuni tribunali invece succede che quella casa viene assegnata quasi sempre alla moglie presso cui sono collocati i figli». Ma l’aspetto più inquietante è quello relativo agli assegni di mantenimento. Come mai, si chiede il presidente, a parità di condizioni e di busta paga, un operaio a Milano paga 600 euro e a Palermo 430? Di fronte a questa situazione l’Ami chiede l’istituzione del Tribunale della Famiglia nelle aree metropolitane a cui abbiano accesso magistratura e avvocatura altamente specializzate per stroncare la logica della polverizzazione dei Tribunali figlia delle esigenze campanilistiche di questa o quella piccola comunità. Gassani lancia anche un messaggio alla politica: «Penso che la politica non debba entrare a gamba tesa in questa vicenda. Deve essere la magistratura insieme all’avvocatura a risolvere il problema. Quando si delega alla politica questa materia non si fa un buon lavoro. Noi non attaccheremo mai la magistratura, vogliamo creare un dialogo. Come è giusto che la magistratura ogni tanto ci ascolti e faccia un passo indietro». Nel corso del convegno il presidente della commissione Giustizia del Senato, Filippo Berselli, ha annunciato il varo della «riforma inerente la riduzione dei tempi per il conseguimento della separazione e del divorzio» (il cosiddetto "divorzio breve"). «Stiamo individuando - ha spiegato - la sintesi dei tanti disegni di legge proposti che prevedono soluzioni diverse». Da parte sua Gassani si è addirittura spinto ad auspicare l’abolizione della fase di separazione. Sono proposte, giova ricordarlo, che hanno incontrato e continuano a incontrare la totale contrarietà del mondo cattolico e della maggioranza delle famiglie italiane.