Discorso del Presidente Sergio Mattarella al Santo Padre in occasione della Visita di Stato in Vaticano
Città del Vaticano, 18/04/2015
Santità,
desidero in primo luogo esprimerLe la profonda gratitudine per avermi ricevuto in Visita di Stato, a poco più di due mesi dalla mia elezione e per le cortesi parole che, in quell'occasione, ha voluto rivolgermi. La ringrazio per le parole che ha appena pronunciato.
Considero il colloquio appena concluso, anche per l'intensità che lo ha caratterizzato, una testimonianza preziosa del rapporto davvero speciale che esiste tra la Santa Sede e l'Italia.
Le porgo, accanto al mio personale, il saluto del popolo italiano, il cui affetto nei Suoi confronti vediamo crescere giorno dopo giorno. Vorrei anche esprimerLe gratitudine per le parole di speranza che Ella ha voluto indirizzare a quella che ha definito "la cara Nazione italiana" in occasione del saluto al Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede. Sono parole che aiutano a recuperare pienamente quei valori di solidarietà e attenzione reciproca che sono, e rimangono, alla base del sentire del nostro popolo, particolarmente nei momenti di crisi e di difficoltà.
Lo stretto rapporto tra Italia e Santa Sede affonda le radici nella sua storica peculiarità, oltre che nella contiguità territoriale. Esso si sviluppa attraverso relazioni rispettose, e si intensifica anche grazie a un magistero pontificio diretto alla realtà universale e che, tuttavia, interpella direttamente la realtà sociale, economica e politica italiana.
Si tratta di principi e valori fondamentali che caratterizzano la storia contemporanea e la democrazia italiana ed europea e che trovano nelle parole Sue, e dei Suoi eminenti predecessori, punti di riferimento costanti. Penso alle tante encicliche sul lavoro, sulla pace, sullo sviluppo, sulla dignità umana. Un magistero alto, confermato dagli atti e dall'insegnamento del Suo Pontificato, che sentiamo particolarmente vicino.
Sin dalla Sua prima visita pastorale sul suolo italiano, a Lampedusa, per giungere alla più recente, a Napoli, La abbiamo sentita partecipe delle difficoltà e delle attese dell'Italia.
Il nostro Paese, e l'intera Unione Europea, assistono a quello che Lei ha definito un nuovo tipo di conflitto mondiale frammentato, sui territori più poveri, e di cui è immediata conseguenza il dramma dei profughi che tentano di approdare sulle nostre coste, sulle coste dell'Europa, per sfuggire alle guerre, alle persecuzioni, alle carestie; chiedendo accoglienza.
Le istituzioni e la società italiane sono impegnate, con generosità, per fronteggiare questa emergenza e l'Italia invoca da tempo un intervento deciso dell'Unione Europea per fermare questa continua perdita di vite umane nel Mediterraneo, culla della nostra civiltà.
Con quelle vite spezzate si perde la speranza di tante persone e si compromette la dignità della comunità internazionale.
Rischiamo di smarrire la nostra umanità.
Così come il dramma della disoccupazione e delle nuove povertà - che affliggono le periferie della vita, raffigurate nelle periferie urbane, condizione emblematicamente da lei toccata a Scampìa - rischia di inghiottire il futuro di intere generazioni.
Si impone una visione dello sviluppo economico e sociale che sappia rimettere al centro la persona e la famiglia.
Nucleo essenziale della società, la famiglia, spesso, deve curare, da sola, le ferite inferte dalla "cultura dello scarto", da Lei più volte denunciata.
Governo e Parlamento italiani sono impegnati ad adottare misure che consentano al nostro Paese di lasciarsi alle spalle una crisi che è stata lunga e dolorosa e da cui solo ora si inizia a intravedere l'uscita.
Le esprimo la nostra riconoscenza per l'azione che la Chiesa svolge a sostegno delle frange più deboli della popolazione.
Il Giubileo della Misericordia, da poco indetto, costituirà occasione di riflessione preziosa sui valori della giustizia e della solidarietà insieme a quello della pace.
Nella nostra epoca le dinamiche economiche perdono spesso di vista la dimensione umana, rischiando di alimentare ingiustizie, sedimentare conflittualità e aumentare precarietà. Il richiamo alla misericordia rilancia, tra gli uomini, la gratuità come valore nei rapporti economici e sociali - come dimostra la straordinaria storia del volontariato italiano - e rilancia la pace come condizione di benessere comune.
Come Ella ha sottolineato nella Bolla con cui ha indetto il Giubileo, la misericordia ''possiede una valenza che va oltre i confini della Chiesa''. Anche noi ci auguriamo, Santità, che questo richiamo possa favorire l'incontro con l'Ebraismo, l'Islàm e con altre tradizioni religiose.
La libertà religiosa appartiene alle più autentiche aspirazioni delle persone e costituisce un cardine della Costituzione italiana. Qualsiasi violazione di essa vulnera, nel profondo, i diritti umani e delle comunità. La violenza scatenata contro le comunità cristiane in alcune parti del mondo interpella, con forza, le coscienze di tutti coloro che amano la libertà e la tolleranza.
Il dialogo tra le grandi tradizioni religiose appare tanto più urgente nel momento in cui si avverte - anche nel nostro Paese - la minaccia del terrorismo internazionale, che, spesso, si nasconde dietro inaccettabili, e pretestuose, rivendicazioni religiose.
L'Italia si sente impegnata, con tenacia, nell'ambito della comunità internazionale, perché prevalgano i principi di reciproca comprensione e di collaborazione, premessa indispensabile di una vera pace.
Su questi temi, così come su altre grandi questioni internazionali, quali l'ambiente e la tutela ed equa distribuzione delle risorse naturali, cui è ispirato - come Sua Santità ha appena ricordato - l'Expo di Milano dei prossimi mesi, si conferma, su questi temi e sulle altre grandi questioni, la piena comunanza di vedute fra lo Stato italiano e la Santa Sede.
Santità, mi consenta di rinnovarLe l'invito a venire in visita al Quirinale, per consolidare ulteriormente questo nostro dialogo, nella continuità della relazione speciale che accompagna i rapporti tra Santa Sede e Italia.