martedì 14 febbraio 2023
In provincia di Chieti gli ultimi due casi: una donna di 88 anni e un pensionato di 74. I gesti estremi di chi non ce la faceva più ad accudirli. Chiarini (Confad): "Subito la legge sui caregiver"
Quei disabili uccisi in casa dai familiari. I "caregiver" allo stremo

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Abbandonati di fronte alla sofferenza. Disperati nella loro solitudine casalinga protratta nel tempo. Ora per ora, tutti i giorni, senza uno spiraglio di luce, i “caregiver” sono al capezzale del loro caro che non può muoversi più e deve essere aiutato a camminare, a mangiare, a bere, a vestirsi. Invisibili, eppure cui sono. Come se accudire la madre, il fratello, un figlio disabili fosse un impegno fisico ed emotivo che non riguarda anche gli altri, la società in cui si vive, le istituzioni che dovrebbero governare l’assistenza e la sanità. Tanto ce chi lo fa. È un alibi per tutti. Ma come stavano Francesco Rotunno e Roberto Tatascione prima di scoppiare? Come vivevano prima di compiere quel gesto estremo contro i loro cari, anziani e malati, e poi scagliarsi contro se stessi per farla finita? Adesso ce lo domandiamo, dopo che, domenica sera a Casoli, in provincia di Chieti, Cesina Bambina Damiani, 88 anni, non autosufficiente e quasi cieca, è stata trovata morta sul suo letto dalla signora che le portava la spesa, con evidenti segni di strangolamento sul collo. E il figlio Francesco, 64enne, separato e padre di tre ragazzi, che si è tagliato le vene (ma per fortuna è ancora vivo) perché schiacciato dalla colpa, ora è indagato per omicidio e ricoverato in un reparto di psichiatria. Ha pagato così il suo disagio, dimenticato da tutti.

Due settimane fa, in una casa di Ortona, distante 50 chilometri da Casoli, Roberto, 70 anni, s’era impiccato subito dopo avere soffocato il fratello Antonio, di quattro anni più grande, paralizzato in carrozzina, gli ha messo un cuscino sulla bocca fino a non farlo respirare più. Francesco e Roberto non ce la facevano più ad assistere la mamma e il fratello, e l’hanno anche lasciato scritto entrambi in un biglietto, l’ultima stilla di pietà verso i congiunti uccisi e il mondo che non li ha capiti. Ma dove stavano prima le istituzioni? E i vicini di casa? «Nulla lasciava prevedere quello che è accaduto» ha commentato il sindaco di Casoli, Massimo Tiberini. «Era una famiglia stimata da tutti», il solito refrain. Francesco aveva lasciato un impiego a termine con il Comune proprio per accudire la mamma, appena uscita da una Casa di Riposo. «Com’è possibile che sia successa una tragedia del genere? Il figlio le voleva molto bene, ma in casa non si poteva entrare» ha riferito ai cronisti una coinquilina del palazzo di un quartiere popolare dove è avvenuta l’ultima tragedia. «Quello che è successo è un pugno nello stomaco per l’opinione pubblica, ma non è certo il primo e forse non sarà l’ultimo caso» commenta Alessandro Chiarini, presidente di Confad (Coordinamento Nazionale Famiglie Disabili). «Il fatto è che la nostra non è una società inclusiva: i servizi sanitari sul territorio sono carenti, c’è indifferenza verso i disabilo e i politici non hanno la minima idea di che significa per una famiglia assistere in casa un disabile – aggiunge – e questo è un terreno dove germogliano fatti così sconvolgenti». In Italia sono quasi mezzo milione i disabili assistiti in casa da un “caregiver” che è quasi sempre un familiare convivente.

Esempi edificanti ma invisibili. «Si arrangiano, non chiedono niente a nessuno, affrontano problemi, sacrifici e disagi, dispensano ogni giorno un universo d’amore e momenti di felicità ai loro cari ammalati» dice Chiarini, impegnato da anni in una battaglia che sembra avere però interlocutori sordi, incapaci di raggiungere il risultato che tutti invece dicono di auspicare. La legge per tutelare i “caregiver” (spesso costretti a lasciare il lavoro, senza provvidenze, nè ferie nè tempo libero) è ancora «ai nastri di partenza», all’inizio un lungo iter parlamentare che si trascina ormai da troppo tempo. «C’è ancora tanta strada da fare – afferma il presidente Confad –, la legislatura è appena cominciata, ma prima, forse, si poteva fare di più». Le associazioni si incontreranno in settimana con la nuova ministra della Disabilità, Alessandra Locatelli per tentare di sbloccare la legge e risolvere il nodo dei fondi non spesi dalle Regioni. «E speriamo – conclude Chiarini – di raggiungere presto un risultato, una legge che sia a vantaggio di tutti, anche dello Stato che spenderebbe così meno soldi per l’assistenza di anziani e disabili».

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