Porte troppo strette o rampe troppo ripide. Oppure quei tre gradini che impediscono di accedere alla piscina dell’albergo in totale autonomia. Basta poco e la vacanza, per chi si muove su una sedia a rotelle, è rovinata. Eppure, sul sito internet dell’hotel, c’era logo con l’omino stilizzato in carrozzina che, in teoria, avrebbe dovuto garantire accessibilità e vacanza in libertà. Ma il bollino non basta: «È un’autocertificazione, una dichiarazione di disponibilità della struttura ad accogliere il cliente disabile – spiega Roberto Vitali, presidente di “ Village for all”, il primo network di villaggi e campeggi accessibili –. Il bollino è una logica da superare». E non solo per garantire una vacanza su misura per chi ha una mobilità limitata, ma anche per un (banale) interesse economico. «Siamo di fronte a un mercato enorme – aggiunge Vitali –. Innanzitutto perché una persona disabile non va in vacanza da sola, ha sempre amici e accompagnatori. Sono clienti che viaggiano anche in bassa stagione e si muovono più volte all’anno». Solo in Italia ci sono 2,8 milioni di disabili mentre in Europa ci sarebbero 40-45 milioni di persone con disabilità disposte a viaggiare ma che non possono farlo perché non hanno garanzie sulla reale accessibilità della località scelta. Numeri che crescono ulteriormente se si pensa che persone anziane e famiglie con bambini piccoli hanno esigenze simili: le difficoltà di una persona che si muove in carrozzina in fondo non sono così diverse da quelle di una mamma con passeggino. Se volessimo scattare un’istantanea all’accessibilità turistica, nel nostro Paese, avremmo un panorama molto diversificato: «Nel Nord c’è più uniformità, sull’Adriatico in particolare lo standard e i costi sono livellati e ci sono meno sorprese – spiega Giuseppe Trieste, presidente di Fiaba (Fondo italiano per l’abbattimento delle barriere architettoniche) –. In altre zone invece si gioca un po’ alla roulette russa». Eppure investire per rendere più accessibili le strutture turistiche (ma non solo) e far crescere la cultura dell’accessibilità converrebbe a tutti: albergatori, ristoratori e clienti. «L’accessibilità è un requisito essenziale per il 10% della popolazione, un necessità per il 30%, una comodità tutti», commenta Trieste. Un mercato potenziale che però non viene preso in considerazione della maggior parte dei tour operator. Non resta allora che optare per la vacanza fai da te, quella organizzata via internet grazie anche alla crescente diffusione di siti e portali dedicati. «Siti che forniscono informazioni di questo tipo sono sempre più numerosi, il vero problema è valutarne l’attendibilità – spiega Gabriele Favagrossa, responsabile dello sportello vacanze disabili di Aias Milano –. Ce ne sono alcuni gestiti da associazioni che forniscono indicazioni affidabili e chiare ». In Piemonte, ad esempio, è attivo l’Istituto italiano turismo per tutti (www.isitt.it) . Sviluppato nell’ambito del progetto “Turismabile”, il portale offre ai naviganti una serie di informazioni, proposte turistiche e itinerari «per turisti con esigenze particolari »: dal tour delle Langhe al week-end alla scoperta di Torino. Non mancano poi indicazioni sull’accessibilità di alberghi, ristoranti e stazioni ferroviarie. Altro progetto, nato recentemente a Roma, è “Diverso viaggiare”: una vera e propria agenzia di viaggi che offre i propri servizi a chi si sposta in carrozzina, al giovane celiaco, alla neo mamma o a chi soffre di allergie. Senza contare le molte amministrazioni pubbliche da Parma a Forlì, dalla Regione Valle d’Aosta al Veneto, che hanno deciso di promuovere il turismo accessibile e di investire in questo settore. Mentre Fiaba ha presentato pochi giorni fa, a Roma, il “Dipartimento del turismo per tutti”: un portale che contenga tutte le informazioni e le buone prassi esistenti, in materia di vacanze accessibili. Più un collegamento con i tour operator. Ma la vera sfida è passare da un’informazione dedicata esclusivamente a questa fascia di clienti a una integrata. «Un disabile in vacanza è innanzitutto un turista - spiega Favagrossa - e si aspetta di trovare le informazioni necessarie nel portale turistico dedicato a tutti». Il rischio, in caso contrario, è che questi prodotti pensati ad hoc per i disabili (dalle brochure alle guide) non entrino in circolazione e restino nelle mani di un numero ridotto di utenti. «Il salto di qualità – conclude Favagrossa – ci sarà quando le agenzie e i tuor operator penseranno proposte accessibili a tutti. Anche a chi ha esigenze particolari».
Ravenna, mare senza barriere. Durante le vacanze estive al mare, non sempre i disabili hanno la possibilità di farsi un bagno, come tutti gli altri. Questo è possibile, invece, nei 200 stabilimenti balneari lungo la costa di Ravenna. Ciascuna delle 40 torrette di salvataggio infatti è dotata di una “Sedia Job” il cui nome, inventato da un napoletano (“Jamme o’ bagno”, andiamo a fare il bagno), è tutto un programma per il mare senza barriere. Si tratta di lettini con le ruote, su cui la persona con problemi motori fisici può salire e andare in mare, insieme a un accompagnatore. Il servizio è gratuito, grazie ad un progetto realizzato dal Comune di Ravenna, in collaborazione con la cooperativa Stabilimenti Balneari e cooperativa Bagnini di Ravenna. «Chi ha bisogno di una “Sedia Job” può chiederla ai bagnini di salvataggio, che la mattina le portano in spiaggia e la sera le ripongono», spiega Riccardo Santoni, direttore della Cooperativa Stabilimenti Balneari. «Il servizio delle sedie è molto apprezzato da chi ha problemi motori fisici, più gli stranieri degli italiani. Le richieste sono in aumento e se avessimo altre sedie le utilizzeremmo», spiega Corrado Riva, coordinatore del Salvataggio. E la sicurezza, in acqua, è garantita dalla presenza dell’accompagnatore.«Tutti i nostri stabilimenti offrono ai disabili non solo la possibilità di fare il bagno in mare, ma anche piazzole sotto l’ombrellone e percorsi stabili senza la sabbia», aggiunge Santoni. Altre possibilità per rendere il mare senza barriere saranno offerte dal “Manifesto per l’accessibilità di stabilimenti balneari e spiagge”, promosso dal Laboratorio nazionale turismo, a cui ha aderito la Società gestione campeggi, che, sotto la direzione di Carlo Ravaioli, ha avviato nei mesi scorsi un percorso di formazione di tutte le figure professionali che operano nel campeggio. La formazione garantisce e consolida il rinnovamento dello stile gestionale e lo sviluppo di ristrutturazioni ambientali adeguate. «Queste esperienze – conclude l’assessore alle pari opportunità, Giovanna Piaia – sono destinate a contaminare culturalmente tutto il contesto dell’organizzazione turistica balneare, promuovendo un’ottica che volge lo sguardo ai tanti, vari e rispettabili bisogni delle persone disabili».
Il Veneto investe sull'«altro» turismo. Ma c’è chi, le potenzialità di questa nicchia del mercato turistico le ha colte. La regione Veneto infatti ha stanziato 200mila euro per avviare un progetto di monitoraggio dell’offerta turistica. «In un tempo di crisi come quello che stiamo vivendo – ha commentato Franco Manzato, vice presidente con delega al Turismo – la Regione ha adottato la strategia di sfruttare tutte le possibilità. Attualmente il nostro territorio vanta 14 milioni di arrivi e 61 milioni di presenze all’anno, con un giro d’affari di 12 miliardi di euro. Intercettando anche la domanda di vacanza dei disabili potremmo fare ancora di più». Aspetti sociali ed economici viaggiano quindi a braccetto. L’obiettivo del progetto è innanzitutto quello di comunicare le potenzialità turistiche e la capacità di accoglienza della regione, rivolgendosi non solo ai disabili italiani, ma anche agli stranieri.
Campeggi, quando l'accessibilità paga. Questo il motto dei 12 campeggi affiliati alla rete di “Village for all” che ha preso vita poco più di un anno fa. «Uno dei nostri associati tra maggio e giugno 2008, un periodo tradizionalmente morto, ha registrato 2.200 presenze di persone con disabilità – racconta Roberto Vitali, presidente del network –. Il 4,5% del suo fatturato totale viene da questa tipologia di clienti». Turisti che si fidelizzano facilmente, che si muovono anche in bassa stagione e che fanno molto affidamento sul passaparola, sul consiglio degli amici. Per questo motivo i campeggi affiliati alla rete di “Village for all” non solo investono sulle strutture, ma puntano molto sulla formazione del personale: «L’accessibilità al 100% è difficilissima da ottenere. Impensabile, ad esempio, pensare di fare piste tattili nei campeggi – aggiunge Vitali – ma posso insegnare ai miei dipendenti a rapportarsi con questo tipo di utenza e con le sue esigenze specifiche». Attualmente i campeggi affiliati al network sono una dozzina, sparsi tra la Lombardia, il Veneto, la Puglia e l’Umbria; e ce ne sono altri otto in corso di affiliazione. L’obiettivo è di arrivare a coprire tutte le regioni entro la fine dell’estate e a settembre si valuterà se iniziare una campagna di promozione anche all’estero. «Già ora – precisa Vitali – non riusciamo a soddisfare tutte le domande».