«La nostra opposizione sarà durissima». Graziano Delrio ripete due volte quell’ultima parola. La seconda volta quasi sillabandola. «Durissima perché questa manovra rischia di spingere l’Italia nel baratro. Durissima perché le scelte di Lega e M5s porteranno un disastro sui conti». Il presidente dei deputati del Pd si prepara alla battaglia parlamentare. «La manovra deve cambiare. E noi faremo ogni cosa possibile per centrare questo obiettivo. Per strappare il Paese dalle sabbie mobili dove lo sta spingendo questo governo».
Da dove partiamo?
Da Piazza del Popolo. La nostra gente gridava 'unità-unità'. Ho pensato a quel messaggio. Ho pensato alla 'lezione' di Camillo Prampolini, un grande socialista nato a Reggio Emilia nella seconda metà del XIX secolo: «Uniti siamo tutto, divisi non siamo nulla». Ora serve un miracolo di generosità, ora tutto il centrosinistra deve capire che le differenze possono essere ricchezza e che la sintesi va assolutamente trovata.
Qual è la sintesi?
Il lavoro. La piena occupazione era, è e dovrà essere la nostra ossessione. Lavoro per ridurre le disuguaglianze. Lavoro per dare dignità all’individuo. E invece questo governo ci regala solo messaggi culturali sbagliati. Un regalo agli evasori fiscali con un inspiegabile condono. Un reddito di cittadinanza che spingerà tanti nostri ragazzi a restare sul divano perché c’è un governo che li premia per questo. È tutto così folle. Il lavoro deve essere molto di più di uno stipendio e il governo, invece, punta su una manovrina elettorale solo perché ci sono le elezioni europee alle porte. Questo mi rattrista e mi indigna.
Che direbbe al ministro dell’Economia?
Pensi a quelli che verranno dopo di noi. Ai nostri figli. Riduciamo le tasse alle imprese che assumono a tempo indeterminato. Pensiamo sul serio all’occupazione. Tria rifletta: con questa manovra rischiamo di perdere migliaia di posti di lavoro. Ci ha pensato? E poi ha sempre detto che la strada era un’altra. Perché ora ha cambiato idea? Perché ha accettato una manovra che aumenta la spesa e che fa male al Paese? Perché sta sostenendo misure sbagliate che tra l’altro non verranno mai realizzate?
Si spieghi.
C’era solo una bandierina da sventolare, un applauso da prendere. Che brutta immagine: il governo sul balcone e cento parlamentari della Lega e dei 5 stelle sotto ad applaudire. Ma applaudire cosa? Scommetto che a marzo non ci sarà nessun reddito di cittadinanza. Se poi ci sarà e se Di Maio dimostrerà con i numeri che questa scelta fa bene ai nostri giovani sarò il primo a stringergli la mano. Purtroppo non credo che andrà così.
Insisto su Tria: lei al suo posto che cosa farebbe?
Io al suo posto non mi ci sarei mai trovato. Ma mi era sembrato che Tria avesse chiaro il fatto che lui, il ministro dell’Economia, fosse la sola garanzia per chi deve prestarci denaro. Oggi quella garanzia non lo è più. E sia chiaro, io e tutto il Pd non tifiamo per lo spread, ma solo per le famiglie e per le imprese italiane.
Parlava di situazione drammatica. Quanto?
Negli ultimi cinque anni abbiamo fatto passi avanti per consolidare la crescita. L’Italia oggi è più solida, il nostro sistema bancario è più solido. Il sistema Paese c’è, ma certe fragilità fanno ancora paura. Non siamo guariti, siamo convalescenti e non possiamo scherzare. La crescita sta rallentando, l’occupazione rischia di frenare. Serve solo tanta serietà e tanta saggezza.
Il Pd per mesi e mesi ha girato a vuoto. Che succede ora? Lei si candida a guidarlo?
Le parlavo della necessità di un miracolo di generosità. Noi abbiamo giocato una partita, ma la nostra stagione è finita. Non mi candido a guidare il Pd, ma al cento per cento sosterrò un gruppo dirigente nuovo.