Sono state poco pubblicizzate, ma suscitano perplessità le “Linee guida per un’informazione rispettosa delle persone Lgbt” (sigla che sta per Lesbiche, gay, bisessuali e transessuali) pubblicate dal Dipartimento per le Pari opportunità e rivolte ai giornalisti nell’ambito di un progetto finanziato dal Consiglio d’Europa. Il documento, a cura dell’agenzia Redattore Sociale, promuove la teoria del gender e invita in 10 punti a non utilizzare più termini quali “famiglia tradizionale” o “nozze gay”: meglio parlare genericamente di matrimoni nel rispetto della dignità di tutti. Scorretta è ritenuta anche l’espressione “utero in affitto”, alla quale si preferisce “maternità di sostegno”. “Un decalogo che sovverte la realtà”, commenta il quotidiano Avvenire. Paolo Ondarza della
Radio Vaticana ha intervistato il direttore Marco Tarquinio. Riproduciamo qui il testo dell'intervista.
Ma che valore hanno queste Linee-guida per quanto riguarda il fare informazione?
L’Ordine nazionale dei giornalisti non le cita tre le fonti alle quali riferirsi per quanto riguarda la deontologia, cioè il sistema di norme che regolano anche moralmente la nostra professione, e questo è un bene. Queste linee sono appena uscite: mi auguro che la non menzione da parte dell’Ordine non sia un dato solo di "ritardo" nel recepire, quanto piuttosto una scelta consapevole contro una forma di censura molto grave che è contenuta all’interno di queste norme, che sembrano affermare pari dignità, ma che in realtà negano delle libertà.
Le Linee-guida sconsigliano di utilizzare termini quali "utero in affitto", "famiglia normale", o "nozze gay": sono matrimoni e basta, tutti hanno pari dignità…
Già, bisognerebbe parlare di matrimoni e mai di "nozze gay", bisognerebbe evitare di parlare di una "famiglia normale", cioè composta e generata da un padre e da una madre... Tutto questo contrasta non solo con il senso comune, ma con l’esperienza concreta di vita, con la verità esistenziale della grandissima parte delle persone. È questo che lascia perplessi. Perciò qualcuno ha parlato, anche con un’espressione un po’ forte, di una “linea da Minculpop”, il Ministero che in epoca fascista vigilava sull’omogeneità della dottrina sul regime. Non penso che siamo a questo punto. Mi preoccupa però che si voglia costruire un clima nel quale tutte le opinioni sono formalmente uguali, eppure qualcuna di esse è molto meno uguale delle altre. Guarda caso, sono molto meno uguali delle altre, le opinioni di coloro che sostengono ciò che fino a poco tempo fa non era neanche in discussione, cioè il fatto che gli uomini siano uomini e donne, e che i figli nascano da un rapporto tra un uomo e una donna.
Questo discorso riguarda particolarmente i giornalisti cattolici, che su certe tematiche sono chiamati ad usare un linguaggio chiaro…
Certamente, riguarda molto i giornalisti cattolici, ma non solo. Ci sono anche giornalisti laici, ci sono persone che hanno diverso sentimento culturale religioso che la pensano come noi su tale questione. Noi non siamo i tutori di una verità di parte, siamo persone che prendono atto dei dati della realtà, non ci inventiamo una teoria. Io credo che le teorie alla fine si arrendano e affondino di fronte ai dati della realtà. Penso anche, però, che certi climi sono pericolosi. E quando cala un clima nebbioso e oscuro, questo diventa un problema, soprattutto per coloro che devono usare le “parole giuste” che si vorrebbe proibire. Penso anche che, da parte nostra, in un momento così importante e delicato, non servano parole aspre. Credo che servano parole luminose che aiutino a squarciare la nebbia, che aiutino a capire dove si trova il cuore delle questioni. Credo che sia soprattutto necessario aiutare a capire che certe “parole sbagliate” eppure imposte sono strumenti utili anche a coloro che vogliono costruire un grande mercato intorno alla vita umana. Mi sembra insomma che, in questo nostro tempo, l’obiettivo sia proprio quello di governare e commercializzare la nascita delle persone, la nascita degli esseri umani. Non rassegnarsi a ciò, scegliere le “parole giuste” per far comprendere che ci vorrebbero imporre “parole sbagliare”, parole che rovesciano la realtà, è uno dei passi necessari. Credo che sia bene cercare di far aprire gli occhi alla gente.
Recentemente - Avvenire lo ha denunciato - la teoria del gender è stata introdotta anche nelle scuole con corsi di formazione ad hoc per insegnanti…
Purtroppo è così. Credo che il rispetto vada dato a tutte le persone. Ma non capisco norme di "super tutela" come quelle che si vanno delineando in diversi campi rispetto alla cosiddetta categoria Lgbt. Ritengo che sarebbe necessario pensare con grande rispetto soprattutto ai più piccoli e non immaginare che ci possano essere percorsi scolastici nei quali venga raccontato, ad esempio, che tutto è uguale, che tutto è indistinto, e che non c’è una verità su come si viene al mondo e su come si sta al mondo. Credo che su questo punto una vigilanza e un servizio alla verità da parte di tutti gli operatori di formazione sia fondamentale.