Ansa
Nessuno si fa illusioni, meno che mai i membri della commissione Giustizia del Senato: martedì, quando riprenderanno i lavori sui testi Zan e Ronzulli sull’omofobia, l’esito che tutti danno per scontato è uno scontro sul calendario tra il Pd e il presidente dell’organismo, il leghista Andrea Ostellari. I dem, insieme a M5s e Leu, chiederanno audizioni fino a giugno e approdo in aula a luglio. Ostellari, invece, sostenuto dal centrodestra compatto, si prepara a sottoporre alla commissione un iter più complesso e lungo.
Le prossime ore, quindi, saranno la quiete prima della tempesta. In realtà le 'curve' degli opposti schieramenti stanno già affilando le armi. In pochi, e in silenzio, stanno invece provando a elaborare una strategia per evitare il pantano e una fragorosa rottura tra i partiti della maggioranza che sostengono il governo.
Un fronte della mediazione, insomma, che cerca di farsi spazio tra i diktat delle segreterie. Un fronte in cui c’è già Italia Viva, come annunciato dal capogruppo Davide Faraone. La novità è che martedì, a fronte di uno scontro in commissione, una pattuglia di dem 'liberal' è pronta a chiedere ufficialmente - al segretario Letta e al resto della maggioranza - un compromesso. Manovre in punta di piedi, perché gli equilibri sono fragili. A loro dovrebbe aggiungersi un’altra pattuglia, di Forza Italia, persuasa che una legge contro le discriminazioni e le violenze omotransfobiche vada comunque portata a casa.
Pontieri al lavoro, dunque. Tra gli 'indiziati' nel fronte della mediazione l’ex presidente dei senatori dem, Marcucci, che però non parlerà sino a quando non saranno conclamati gli equilibri e le dinamiche da 'muro contro muro' in commissione Giustizia. Analoga discrezione negli uffici della presidente dei senatori di Fi, Annamaria Bernini: c’è la consapevolezza che l’ala 'trattativista', tra gli azzurri, è in minoranza, quindi prima di assumere un’iniziativa ufficiale si valuteranno bene le conseguenze (anche interne al partito).
Chi sta sondando il campo per mediazioni possibili sa bene quale è il punto dirimente: l’identità di genere. Stralciato il punto più controverso, è il ragionamento, non sarebbe impossibile arrivare ad una norma antiomofobia votata da sinistra a destra, o comunque con una maggioranza trasversale e non 'selettiva'. Quantomeno, è ancora il ragionamento, ci sarebbero più opportunità di portare la legge ai voti. Ma c’è anche piena consapevolezza di un dato, sia tra i pontieri dem sia tra gli azzurri: l’identità di genere non è, nell’impianto del ddl Zan, un 'accessorio'. E quindi nell’ala dura di sinistra lo stralcio sarebbe visto come una sconfitta.
Ma a fronte di un duro scontro in commissione sul calendario, e alla luce della compresenza al Senato di due testi diversi, quello di Alessandro Zan del Pd e quello di Licia Ronzulli di Fi, il pallino tornerebbe in mano ai leader, in particolare in mano a Enrico Letta e Matteo Salvini. Il primo sarebbe chiamato dai pontieri a rimuovere l’imperativo 'Zan e basta'. Il secondo sarebbe interpellato dagli stessi mediatori per non tradire la promessa di fare una legge contro le discriminazioni a danno delle persone omosessuali, promessa che Salvini ha tradotto nella firma al testo Ronzulli.
Si tratta di un tentativo difficile e in extremis, accompagnato dal rischio che in un fronte e nell’altro prevalga chi vuole forzare la mano: a destra per non fare nessuna legge, a sinistra per andare alla conta sul ddl Zan e accentuare le distanze politiche da Lega e Fdi.