Tutto in una frase. «Siamo seriamente preoccupati» dicono alla Comunità di Sant’Egidio: per le nuove norme che stanno arrivando sull’immigrazione (che «rendono quasi impossibile l’integrazione»), per i respingimenti in acque internazionali («che non rispondono a norme italiane né internazionali») e, soprattutto, «per questa idea di fondo molto negativa sull’immigrazione, quasi di criminalizzazione». E del resto sottolinea il vescovo di Palestrina Domenico Sigalini, segretario della commissione episcopale Cei per le migrazioni, «l’accoglienza non è di destra né di sinistra, ma di tutti», mentre «la famiglia va sempre salvaguardata, così come il diritto alla salute». La posizione della Chiesa non a caso sull’immigrazione è per «l’accoglienza coniugata con la sicurezza ». Ma «quando queste entrano in conflitto – aggiunge Sigalini – bisogna sedersi attorno a un tavolo e chiarirsi senza sparare su un ipotesi piuttosto che un’altra e cercare possibili soluzioni che secondo la Chiesa dovrebbero orientarsi verso i valori cristiani». Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio, è pacato, ma fermo: «Le nostre proposte non sono contro questo governo », spiega. Il problema è che, ad esempio, «secondo quanto stabilisce la Bossi-Fini il respingimento è un provvedimento individuale che avviene dopo l’identificazione del migrante – spiega Impagliazzo –. Ci troviamo quindi di fronte a un ministro che non rispetta una legge dello Stato italiano». Ecco perché sono preoccupati: «Fra l’altro via mare arriva una minoranza degli immigrati irregolari, solo il 15% del totale, e da Paesi come Nigeria, Somalia, Eritrea, Egitto e Algeria, dove cioè le condizioni politiche e religiose sono molto difficili». Quanto a casa nostra e alle leggi che potrebbero venire, la Comunità di Sant’Egidio chiede che il Senato cancelli almeno tre possibili novità. Quella che prolungherebbe da 2 a 6 mesi la permanenza degli immigrati nei centri di identificazione ed espulsione. Quella che renderebbe difficile sposarsi per chi non ha permesso di soggiorno. E quella sulla necessità di esibire i documenti di soggiorno alle autorità pubbliche per ogni atto civile. Preoccupazione ce n’è poi anche in Caritas: «Siamo interdetti e preoccupati – fa sapere il responsabile immigrazione, Olivero Forti – dai contenuti delle norme che vanno a detrimento non solo di persone oggi svantaggiate come lo sono molti immigrati ma anche dell’intera collettività». Ed anche il 'Movimento ecclesiale di impegno culturale' (Meic) chiede soluzioni diplomatiche contro la tratta di clandestini e per salvaguardare la dignità delle persone, augurandosi che l’Europa «cambi atteggiamento e si faccia carico del problema». Spiega il presidente, Carlo Cirotto, che «non è pensabile di accogliere indiscriminatamente tutti coloro che approdano sulle nostre coste», però una chiusura totale «è sbagliata», specialmente tenendo conto che la Libia, dove vengono ricondotte le imbarcazioni, è «Paese che non mostra sensibilità per i diritti umani». Lo stesso direttore dell’Ufficio per la pastorale degli immigrati della Cei, padre Gianromano Gnesotto, esprime «forte preoccupazione» per le misure del pacchetto, specie quelle che farebbero emergere, secondo alcune interpretazioni, la possibilità di «bambini invisibili » per le difficoltà del riconoscimento di figli nati in Italia da madri senza passaporto. Una richiesta arriva infine dal vescovo di Vicenza, monsignor Cesare Nosiglia: «Il clima generale deve cambiare. Ci sia più serenità, più positività, le diversità vengano finalmente valorizzate ». ( P.Cio.) Sigalini: accoglienza coniugata con la sicurezza Nosiglia: valorizzare le diversità. Sant’Egidio: non si può criminalizzare l’immigrazione