mercoledì 17 giugno 2009
Il sottosegretario alla Salute denuncia la spaccatura sui criteri deontologici voluta dal presidente dell'Ordine dei medici: «Disumano negare il cibo a un disabile che non riesce più a nutrirsi».
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La scorsa settimana, a Terni, la Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (Fnomceo) ha riunito il Consiglio nazionale rappresentato dai presidenti degli Ordini provinciali per dibattere sulle dichiarazioni anticipate di volontà (Dat). Venerdì un convegno ha visto l’intervento di giuristi, rappresentanti delle società scientifiche e di associazioni di cittadini e di pazienti, oltre al senatore Raffaele Calabrò che ha fornito le motivazioni giuridiche, scientifiche ed etiche che chiariscono il divieto, presente nel suo disegno di legge, di interrompere idratazione e alimentazione a pazienti in stato vegetativo. Sabato però i presidenti degli Ordini provinciali hanno approvato un documento – a larga maggioranza, ma non significative defezioni quali Milano e Roma – che invece afferma che l’idratazione e la nutrizione sono atti medici e come tali sempre sottoposti al consenso del paziente. Pertanto in previsione di un eventuale stato vegetativo il cittadino – secondo la Fnomceo – avrebbe diritto a inserire nelle proprie Dat anche il rifiuto di idratazione e nutrizione. «L’unanimità sui criteri del co­dice deontologico è fonda­mentale per la Federazione degli Ordini dei medici (Fnomceo), quindi u­na spaccatura su tali principi è un fallimen­to del compito istituzionale del presidente». È questa, secondo il sottosegretario alla Sa­lute, Eugenia Roccella la portata del rischio provocato dal documento presentato dal 'nu­mero uno' della Fnomceo, Amedeo Bianco, e varato nonostante il voto contrario di cin­que Ordini provinciali dei medici e l’asten­sione di sette. (Tra questi voti non favorevo­li, quelli degli Ordini più numerosi). Eppure Bianco afferma che non si tratta di spaccatura ma di un piccolo dissenso, che testimonia che c’è stato un dibattito serio... Non si tratta di una semplice diversità di o­pinione perché l’Ordine non è una libera as­sociazione o un sindacato, nel quale su sin­gole questioni si manifestano maggioranze e minoranze. Il suo ruolo istituzionale è salva­guardare il massimo di condivisione sui cri­teri deontologici. Perché allora emanare un documento così divisivo all’interno della Federazione? Già perché? Perché asserire con tanta deci­sione che l’alimentazione è un trattamento medico, quando gli scienziati non sono af­fatto unanimi a riguardo. Sarebbe stato com­pito semmai di una società scientifica, affer­marlo. Non vedo altra ragione se non l’inten­zione di dare un preciso appoggio ad una li­nea politica prima dell’inizio alla Camera del­l’iter del disegno di legge sulle dichiarazioni anticipate di trattamento (Dat) approvato dal Senato. Ma è naturale che ogni soggetto interessato al ddl si pronunci... I medici sono stati ascoltati dalla commis­sione competente del Senato, e certamente lo saranno anche alla Camera. C’è tutta la pos­sibilità di esprimere sia posizioni personali che quelle degli Ordini sulle questioni che lo­ro competono, cioè quelle relative ai criteri deontologici. Allo stesso modo le società scientifiche saranno consultate nel proprio campo. Non c’era dunque nessun bisogno di questo documento con finalità politiche. Che dire della richiesta di 'un diritto mite'? La prima mitezza dovrebbe esprimerla la Fe­derazione degli Ordini, non solo i parlamen­tari che sono sottoposti ad una continua ve­rifica da parte del loro elettorato. Tra l’altro la maggioranza che ha approvato il documento ha respinto la citazione della Convenzione di New York sui disabili... Infatti vieta la sospensione di nutrizione e i­dratazione negli stati vegetativi. Il documen­to approvato su questo è molto equivoco af­ferma che la nutrizione artificiale è 'in grado di modificare la storia naturale della malat­tia', perciò il suo rifiuto può essere contenu­to nelle Dat. Ma quale patologia cura? Nes­suna. Il problema è un altro: proprio quello della disabilità, l’incapacità, cioè, per vari mo­tivi di portare il cibo alla bocca. L’unico caso in cui questo sostegno vitale è controindica­to è l’impossibilità di assimilare. Su questo siamo disposti a discutere, ma non siamo di­sposti a trattare un disabile, per ragioni psi­chiche o fisiche, in maniera disumana, ne­gandogli il cibo. A molte persone in stato ve­getativo le famiglie somministrano con il son­dino frullati preparati in modo ordinario. Nel­le tribù indiane di America, inoltre, le squaw masticavano il cibo per darlo agli anziani che non avevano più denti. Anche questi sono ca­si di terapia medica? Insomma nel docu­mento la definizione scientifica di alimenta­zione è molto confusa e contraddittoria e a­pre molte possibilità di contestazione. La Fnomeceo rivendica anche la responsa­bilità del medico... Pure su questo il documento è molto confu­so. Noi siamo assolutamente d’accordo sul fatto che al medico sia sempre lasciata l’au­tonomia professionale per decidere se le Dat sono adeguate o meno. Ma se la Federazione accetta questo principio, deve apprezzare e­splicitamente la non vincolatività delle di­chiarazioni. Cosa che è invece contraddetta dalla richiesta dell’obiezione di coscienza per tutto il personale sanitario. Quando prevede che il ddl arriverà nell’au­la della Camera? In commissione a giorni, subito dopo il dise­gno di legge sulle cure palliative. In aula, in­vece, il testo dovrebbe approdare dopo la pau­sa estiva.
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