venerdì 18 marzo 2011
La Grande Camera della Corte europea per i diritti dell'uomo ha assolto l'Italia dall'accusa di violazione dei diritti umani per l'esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche. La Santa Sede: «Sentenza che fa storia». Bagnasco: «Affermata la libertà religiosa anche nei suoi simboli». La Corte ha scritto così la parola fine sul dossier del caso «Lautsi contro Italia», approdato a Strasburgo il 27 luglio del 2006.
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L'Italia ha vinto la sua battaglia a Strasburgo: la Grande Camera della Corte europea per i diritti dell'uomo l'ha assolta dall'accusa di violazione dei diritti umani per l'esposizione del crocefisso nelle aule scolastiche. La decisione della Corte è stata approvata con 15 voti favorevoli e due contrari. I giudici hanno accettato la tesi in base alla quale non sussistono elementi che provino l'eventuale influenza sugli alunni dell'esposizione del crocefisso nella aule scolastiche.La Santa Sede esprime "soddisfazione" per la sentenza della Corte Europea sulla esposizione del crocifisso nelle scuole. Si tratta, afferma il direttore della sala stampa vaticana padre Federico Lombardi in una dichiarazione scritta, di una sentenza "assai impegnativa e che fa storia".La sentenza costituisce un punto di riferimento imprescindibile sulla questione della presenza dei simboli religiosi negli spazi pubblici in tutta Europa. Con la sentenza la Corte ha scritto la parola fine sul dossier del caso "Lautsi contro Italia". Un procedimento approdato a Strasburgo il 27 luglio del 2006, quando l’avvocato Nicolò Paoletti presentò il ricorso con cui Soile Lautsi sosteneva che la presenza del crocifisso nelle aule delle scuole pubbliche italiane costituiva una violazione del diritto dei genitori a educare i figli secondo coscienza e senza interferenze da parte dello Stato, nonché una violazione della libertà di pensiero, coscienza e religione degli alunni. La prima sentenza della Corte ha dato sostanzialmente ragione alla signora Lautsi, scatenando un’ondata d’indignazione che ha preso anche la forma di decine e decine di lettere di protesta inviate a Strasburgo da semplici cittadini. «Ne abbiamo ricevute quasi duecento», ha riferito una fonte che ha chiesto di non essere citata. Alcune contengono critiche alla sentenza, altre minacce ai giudici, altre ancora semplici farneticazioni. «Ma se nei primi mesi l’invio era, per così dire, fatto su base spontanea, da qualche mese c’è chi ha provveduto a organizzarlo», ha aggiunto la stessa fonte mostrando una lettera indirizzata al presidente della Corte in cui si denuncia «la profonda offesa arrecata dalla Corte» ai cattolici. Una sentenza contro la quale il governo italiano ha subito fatto ricorso, trovando tra l’altro il sostegno di altri dieci Paesi membri del Consiglio d’Europa (Armenia, Bulgaria, Cipro, Grecia, Lituania, Malta, Principato di Monaco, Romania, Russia e San Marino) esplicitato il 30 giugno scorso in occasione della prima e unica udienza pubblica svoltasi nell’ambito del "processo" d’appello.
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