Giuseppe Conte - Ansa
Sir Winston Churchill vedeva in ogni crisi un’opportunità, più che un pericolo. Sembra francamente difficile, in questo momento, avere la stesa fiducia dello statista britannico, guardando come sono posizionati i pezzi sulla scacchiera politica del nostro Paese. Per la seconda volta, infatti, Matteo Renzi ha optato per la sua ormai celebre "mossa del cavallo" (che è anche il titolo di un suo libro). Ma anziché sbloccarsi a sorpresa, come nel caldo agosto del 2019 con la formazione dell’esecutivo Conte 2, la situazione sembra essersi ingarbugliata, anche a causa di un errore di tattica dello stesso presidente del Consiglio. E il lavoro del presidente della Repubblica Sergio Mattarella si annuncia perfino più complicato di allora.
È già difficile orientarsi tra le mille dichiarazioni scandite con determinazione sulla scena e le altrettante manovre (non di rado di segno opposto) tentate con altrettanta determinazione dietro le quinte, figurarsi quindi azzardare previsioni su come andrà a finire. Il sentiero è stretto e mal segnalato, direbbero gli esperti di montagna.
In realtà i sentieri sono quattro.
1) Il primo coincide con la scelta dei partiti della maggioranza giallo-rossa ormai "zoppa", almeno in questa fase iniziale: M5s, Pd e Leu hanno infatti deciso di fare al presidente della Repubblica ancora il nome di Giuseppe Conte. Si tratterebbe di provare a mettere insieme un governo Conte 3, quindi, ma resta il problema non secondario dei numeri che, allo stato, al Senato non ci sono. Non sono bastati infatti gli appelli del premier ai «volenterosi» di cultura popolare, liberale e socialista a costruire una quarta gamba della maggioranza in grado di sostituire l’apporto di Italia Viva o, quanto meno, di renderlo non indispensabile. Ma se nel frattempo arrivassero fondate rassicurazioni da quel fronte, è possibile che il capo dello Stato si convinca a dare l’incarico, magari esplorativo, al presidente del Consiglio dimissionario.
2) Tuttavia, se gli sforzi di Conte non dovessero avere successo, M5s, Pd e Leu potrebbero passare a un "piano B": anziché Conte con una nuova maggioranza, la stessa maggioranza di prima con un nuovo premier, che potrebbe essere un esponente 5 stelle (primo partito per consensi alle ultime elezioni politiche, quelle del 2018) oppure una personalità "terza" ma gradita a tutti, renziani compresi. Che a quel punto, malgrado tutti i "mai più insieme" ascoltati in questi giorni, potrebbero rapidamente rientrare, rendendo non inutile ma superflua la faticosa operazione di reclutamento di "puntelli" senatoriali.
3) La terza ipotesi sarebbe quella di un esecutivo di larghe intese, con dentro anche Forza Italia e altre sigle minori del centrodestra, guidato da un nome che possa essere garanzia, in Italia e in Europa, per la preparazione e l’esecuzione del Next Generation Eu. Al momento, però, le difficoltà che lastricano questo percorso appaiono maggiori rispetto a quelle degli altri due.
4) L’ultima spiaggia, che tutti o quasi reputano improbabile, è il ricorso al voto anticipato. Improbabile, ma non impossibile.
L’unica certezza, infatti, è che non c’è più un minuto da perdere.