Monsignor Santoro è reduce da un’udienza con Francesco e non nasconde la sua soddisfazione. Che cosa le ha detto il Papa? Le sue parole e la sua vicinanza sono state il più bel regalo di Natale che potessi ricevere. Mi ha manifestato il suo desiderio di venire da noi per portare conforto in tutte le situazioni critiche. E io gli ho ricordato la Messa di Paolo VI all’Italsider, la notte di Natale del 1968, e il 25° della visita di Giovanni Paolo II, che ricorrerà a ottobre. Naturalmente bisognerà tener conto dei suoi tanti impegni.
Attualmente qual è la situazione in città? Ci dipingono come una città che sta per morire. Ma non è così. Anzi vedo segnali di speranza. Lo scorso 7 novembre abbiamo fatto un convegno, mettendo intorno allo stesso tavolo persone che fino a quel giorno polemizzavano tra loro. A tutti abbiamo chiesto: «È possibile una produzione che non sia nociva per l’ambiente?». La scienza dice di sì. A Duisburg, in Germania, una grande impresa siderurgica è stata resa compatibile con la vita e con l’ambiente.
Che cosa chiede alle istituzioni e all’Ilva? Vorrei che gli impegni assunti di coprire i parchi minerali, di adeguare gli impianti alle norme antinquinamento e di bonificare l’ambiente siano realizzati. Ma Taranto non è solo l’Ilva. Questo problema ha polarizzato tutto l’interesse e ha finito per creare una cappa di pessimismo. Invece ci sono anche le realtà positive. C’è la fede della gente, la storia, la cultura, la bellezza dell’ambiente. Di recente abbiamo rivitalizzato la città antica con una serie di iniziative culturali. Da tutto questo occorre ripartire.
Tra i segni di speranza inserisce anche la bonifica dei terreni del Centro Murialdo? Il lavoro di padre Preziuso è di grande interesse perché c’è l’incontro fra tre realtà: la fede, la scienza e la solidarietà. Dunque possiamo dire che il seme del Vangelo aiuta davvero a trasformare la terra. Un altro segno di speranza è il nuovo centro di accoglienza notturna per senza fissa dimora che vogliamo fare in vista della quaresima. L’esperimento può servire da paradigma per la bonifica dell’Ilva? I tecnici dicono di sì. Certo in quel caso le dimensioni sono macro, ma si può fare. Io tra l’altro vedo il nostro esperimento anche come un esempio di collaborazione.
Non c’è un problema del lavoro e un problema delle persone ammalate. Le due cose sono collegate. Quindi dico: la Chiesa è vicina sia ai lavoratori, sia a chi ha subito danni per la salute.