martedì 3 novembre 2009
"Io dico che questa Europa del terzo millennio ci lascia solo le zucche delle feste recentemente ripetute e ci toglie i simboli più cari. Questa è veramente una perdita": lo ha detto il segretario di Stato vaticano, card. Tarcisio Bertone a proposito della sentenza della Corte Europea che condanna l'Italia per la presenza dei crocifissi negli edifici pubblici. Apprezzamento per il ricorso annunciato dal governo.
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"Io dico che questa Europa del terzo millennio ci lascia solo le zucche delle feste recentemente ripetute e ci toglie i simboli più cari. Questa è veramente una perdita": lo ha detto il segretario di Stato vaticano, card. Tarcisio Bertone a proposito dela sentenza di Strasburgo. "La nostra reazione - ha aggiunto - non può che essere di deplorazione" e "ora dobbiamo cercare con tutte le forze di conservare i segni della nostra fede per chi crede e per chi non crede"."Abbiamo ascoltato tante voci - ha affermato il porporato - e anche l'eco del dolore di chi si sente un pò tradito nelle sue proprie radici pensando che questo simbolo religioso è simbolo di amore universale, non di esclusione ma di accoglienza. Questo credo che sia l'esperienza di tutti"."Io dico purtroppo - ha aggiunto Bertone che ha preso parte a una conferenza stampa presso l'ospedale Bambin Gesù - che questa Europa del terzo millennio ci lascia solo le zucche delle feste recentemente ripetute prima del primo novembre e ci toglie i simboli più cari". Secondo il porporato inoltre "tutte le nostre città, le nostre strade, le nostre case, le scuole" presentano simboli religiosi come il crocifisso e dunque, ha chiesto, "dobbiamo togliere tutti i crocifissi? Penso a tutte le opere d'arte che presentano il crocifisso e la Pietà, mi domando se questo è un segno di ragionevolezza oppure no". Il segretario si Stato ha poi detto ai giornalisti di non aver ancora sentito l'opinione del Papa sul tema. "Lo vedrò domani", ha affermato. LA SENTENZA DELLA CORTEGianluca Cazzaniga La Corte europea  dei diritti dell’uomo ha emesso ieri una sentenza provvisoria contro l’Italia per la presenza dei crocifissi nelle aule scolastiche, giudicata una violazione sia della libertà religiosa dei bambini che del diritto dei genitori di educare i loro figli alla luce delle loro convinzioni religiose. A parere della Corte di Strasburgo l’Italia ha violato l’articolo 2, protocollo 1 (diritto all’istruzione) e l’articolo 9 (libertà di pensiero, di coscienza, di religione) della Convenzione per i diritti dell’uomo. I giudici della Corte avevano già emesso alcune sentenze in materia di diritto all’educazione e di libertà religiosa, ma questa è la prima che riguarda la presenza dei simboli religiosi nelle scuole. Una camera composta da sette giudici della seconda sezione della Corte, tra cui l’italiano Vladimiro Zagrebelsky, ha condannato all’unanimità il governo italiano a pagare un risarcimento di 5 mila euro per danni morali alla cittadina italiana che ha sollevato il caso. Per ora si tratta di una sentenza provvisoria e il giudice Nicola Lattieri, che difende l’Italia davanti alla Corte di Strasburgo, ha già dichiarato che il governo vuole chiedere il rinvio alla Grande Camera della Corte per riaprire la partita. Se il ricorso del governo non fosse accolto, la sentenza emessa ieri diverrebbe definitiva dopo tre mesi. Quindi spetterebbe al Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa decidere, entro sei mesi, quali azioni il governo italiano dovrebbe prendere per non incorrere in ulteriori violazioni legate alla presenza dei crocifissi nelle aule scolastiche. La vicenda approdata a Strasburgo nasce dalla battaglia giudiziaria avviata anni fa da Soile Lautsi, cittadina italiana di origini finlandesi, sposata con un professionista padovano e madre di due figli. Nel 2002 i due ragazzi frequentavano la scuola media statale "Vittorino da Feltre" di Abano Terme. Nelle aule scolastiche, come succede da secoli in ogni istituto scolastico del nostro Paese, c’era il crocifisso appeso dietro la cattedra. La signora Lautsi, convinta sulla base di chissà quale teoria, che la presenza del simbolo cristiano in classe fosse contrario a quella laicità a lei tanto cara - o forse si tratta di laicismo – andò a scuola a protestare, invocando un parere della Cassazione del 2000, secondo cui la presenza dei crocifissi nelle cabine elettorali sarebbe contrario al principio della laicità dello Stato. Nel maggio del 2002 il preside della "Vittorino da Feltre" decise di lasciare i crocifissi nelle aule. Un approccio in seguito raccomandato anche da una direttiva del ministero dell’Educazione. Non contenta, la signora Lautsi decise di presentare ricorso al Tar del Veneto, che nel gennaio del 2004 rinviò il caso alla Corte costituzionale per stabilire se la presenza dei crocifissi nelle aule scolastiche fosse conforme o meno ai principi sanciti nella Costituzione italiana. Nel marzo del 2005 l’Alta corte rigettò le istanze sollevate dalla caparbia italo-finlandese, giudicando che il crocifisso è sia il simbolo della storia e della cultura italiana e, quindi, della stessa identità nazionale; sia il simbolo dei principi di uguaglianza, libertà, tolleranza. Nonché della laicità dello Stato. Anche il Consiglio di Stato, nel febbraio del 2006, respinse il ricorso presentato da Soile Lautsi.  Ieri, invece, ignorando completamente i pronunciamenti dei giudici italiani, la Corte di Strasburgo ha dato  ragione alla signora Lautsi. «La presenza del crocifisso, che è impossibile non notare nelle aule scolastiche, potrebbe essere facilmente interpretata dagli alunni di ogni età come un simbolo religioso», si legge nel comunicato  diffuso dalla Corte europea dei diritti dell’uomo. «Questo potrebbe essere incoraggiante per gli alunni religiosi, ma allo stesso tempo potrebbe disturbare gli alunni atei o quelli che praticassero altre religioni, specialmente se appartenessero a minoranze».I giudici (tra cui l'italiano Zagrebelsky). I sette giudici autori della sentenza sono: Francoise Tulkens (Belgio, presidente), Vladimiro Zagrebelsky (Italia), Ireneu Cabral Barreto (Portogallo), Danute Jociene (Lituania), Dragoljub Popovic (Serbia), Andras Sajò (Ungheria), e Isil Karakas (Turchia).LE REAZIONIPier Luigi FornariRicorso del governo alla "Grande chambre" contro la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo sul crocifisso nelle scuole. Lo annuncia il ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini, mentre dal mondo politico si leva un coro bipartisan di critiche. Voci discordanti nel Pd, ma il neosegretario Pierluigi Bersani attesta il partito sul rispetto di «un’antica tradizione» che «non può essere offensiva per nessuno». In prima fila a stigmatizzare il pronunciamento della Corte il top del Parlamento. Esprime la sua «più grande amarezza», il presidente del Senato, Renato Schifani, nel timore dell’«errore drammatico» di fare dell’Europa «uno spazio vuoto» di simboli e di tradizioni. E alla Camera, Gianfranco Fini si augura, in attesa di  leggere le motivazioni, che la sentenza «non venga salutata come giusta affermazione della laicità» ben diversa dalla «negazione, propria del laicismo più deteriore, del ruolo del cristianesimo».Tutto il governo si schiera contro Strasburgo. Il crocifisso è «un simbolo della nostra tradizione», evidenzia la Gelmini, avvertendo che nessuno «riuscirà a cancellare la nostra identità», e ipotizzando anche un contrasto con il riconoscimento costituzionale del valore particolare al cattolicesimo. «Un pessimo precedente anche per le altre religioni», osserva il ministro degli Esteri, Franco Frattini. «Un duro colpo alla coabitazione europea», per il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi. «Un atto di stupidità», rincara il ministro dell’Interno, il leghista Roberto Maroni. «Incomprensibile», per Paolo Bonaiuti, vicinissimo al premier.«Decisioni», prende posizione il Pdl con il suo coordinatore, Sandro Bondi, che allontanano dall’idea dell’Europa posta a fondamento da De Gasperi, Adenauer e Schuman, per cui «di questo passo il fallimento politico è inevitabile», Lo affiancano i vertici parlamentari. «Non resteremo inermi», ammonisce al Senato Maurizio Gasparri, sollevando l’interrogativo «se sia ancora il caso di tenere in piedi alcune istituzioni tanto costose». «L’Europa non può andare dietro ai fanatici», dichiara alla Camera Fabrizio Cicchitto, esprimendo «fortissime perplessità» anche di chi è laico. Critiche condivise dai pidiellini, dal senatore Gaetano Quagliariello al deputato Raffaello Vignali, da autorità locali come Roberto Formigoni e Letizia Moratti. E per una voce autorevole degli ex di An, il sottosegretario Alfredo Mantovano, la sentenza è «ingiusta», «profondamente stupida». «L’affermazione di un pregiudizio», evidenzia il vicepresidente della Camera, Maurizio Lupi. «Contro il sentimento dei nostri popoli», aggiunge, per una Lega non meno contraria, il presidente dei deputati, Roberto Cota. Organismi europei sempre «più distanti» dalla volontà dei nostri popoli, conferma l’omologo al Senato Federico Bricolo. Nonostante l’invito di Bersani a non sacrificare il «buon senso» al «diritto», nel Pd non sono in pochi ad apprezzare la sentenza: Barbara Pollastrini, Debora Serracchiani, Vittoria Franco, Vincenzo Vita...Vanno difese, obietta però Paola Binetti, le tradizioni italiane «di fede e di cultura». «Il crocefisso non può essere considerato un segno di divisione», nota Emanuela Baio. «Non offende nessuno, se non gli intolleranti», rimarca, ormai fuori dal Pd, Francesco Rutelli. «Sentenza aberrante», osserva per l’Udc, il presidente Rocco Buttiglione, in descredito grave della costituzione europea e dell’integrazione. «La prima conseguenza della pavidità dei governanti europei, che si sono rifiutati di menzionare le radici cristiane», asserisce il leader Pier Ferdinando Casini. Non risponde «alla domanda di laicità» per Massimo Donadi dell’Idv, dove pure non mancano applausi a Strasburgo.
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