l ministro della Giustizia Alfonso Bonafede (Ansa/Peri)
Una norma 'premiale' che qualificherebbe come «non punibile» chi «denuncia spontaneamente» di aver commesso atti di corruzione o induzione indebita. A patto che costui lo faccia «prima dell’iscrizione a suo carico della notizia di reato» nel registro degli indagati e, comunque «entro tre mesi dalla commissione del fatto». E che fornisca elementi «utili» alla prova del reato e all’individuazione di altri responsabili. È una delle principali novità ipotizzate nella bozza del disegno di legge anti-corruzione annunciato dal governo, che ieri Avvenire ha potuto visionare. La bozza del ddl (a cui alla Giustizia stanno lavorando) è composta da 6 articoli e potrebbe arrivare in Consiglio dei ministri domani o venerdì: «Noi lavoriamo – afferma il Guardasigilli Alfonso Bonafede – per essere pronti per portare il ddl nella prossima seduta».
Le novità. Prevista nell’articolo 1 del disegno di legge, la «non punibilità» per chi si autodenuncia sarebbe una novità assoluta per il nostro ordinamento. Tecnicamente, nel ddl prende forma con l’introduzione (nella parte del codice penale in cui si trattano le attenuanti) di un articolo 323-ter intitolato «cause di non punibilità », collegato alla commissione «dei fatti previsti dagli articoli 318, 319, 319-quater, 320, 321, 322-bis, limitatamente ai delitti di corruzione e di induzione indebita ivi indicati, e 346bis». La norma estende la non punibilità al pubblico ufficiale, all’incaricato di pubblico servizio o al mediatore illecito, sempre a patto che denuncino entro tre mesi o prima dell’indagine e subordinandola alla «messa a disposizione dell’utilità percepita» o di elementi utili a individuarne il beneficiario. Altra novità è una modifica all’articolo 2635 del codice civile, che rende perseguibile d’ufficio la corruzione tra privati e la sua istigazione, abrogando il comma che dispone la procedibilità «a querela della persona offesa». C’è poi l’innalzamento delle pene per la corruzione nell’esercizio della funzione (oggi fino a 6 anni di detenzione, con la riforma Bonafede fino a 8) e per il traffico di influenze illecite (portate fino a 5 anni). Altra innovazione è il divieto 'perpetuo' a partecipare agli appalti pubblici, per chi riceva condanne superiori a 2 anni (per pene inferiori, è di un quinquennio) per una lunga serie di reati: dalla malversazione aggravata a diverse fattispecie di corruzione, fino a peculato, concussione, traffico di influenze illecite, abuso d’ufficio aggravato e altro. Inoltre, «la riabilitazione non estingue la pena accessoria», cioè non fa venire meno l’interdizione. Un giro di vite descritto con toni forti, su Facebook, dal vicepremier e leader di M5s Luigi Di Maio, in un dialogo immaginario coi criminali: «Potrete anche patteggiare, ma il Daspo ad aeternum non ve lo toglie nessuno. Marchiati a vita». Infine, nel testo c’è l’annunciata estensione della figura dell’agente sotto copertura (già prevista contro mafia, narcotraffico e terrorismo) al contrasto dei reati di corruzione e contro la Pa. Un «moderno Donnie Brasco», lo definisce Di Maio.
La Lega e lo «SpazzaCorrotti» grillino. Il testo viene battezzato dalla componente pentastellata del governo «lo SpazzaCorrotti»: «Non sfidate la sorte, non sfidate lo Stato – twitta il Guardasigilli –. Avete smesso di ammorbare l’Italia con i vostri loschi affari». Un 'avvertimento' ribadito dal leader di M5s: «È la prima seria misura contro la corruzione discussa in Italia dal dopoguerra ad oggi – scrive Di Maio – praticamente non lascia alcuno scampo a chi corrompe e a chi viene corrotto». Rispetto alla perseguibilità d’ufficio per alcune ipotesi di reato, Di Maio attacca il Pd, parlando di «norma cancellata da Gentiloni e di cui si sono avvantaggiati anche i cognati di Renzi, che non essendo stati denunciati dall’Unicef la passano liscia ». Toni forti, in linea con i proclami anti corruzione del Movimento. Nel merito delle singole misure, tuttavia, non è escluso che nel confronto interno alla maggioranza o in sede di Cdm la Lega possa chiedere di apportare qualche ritocco alle misure più 'azzardate' (il 'daspo a vita, per esempio, secondo alcuni giuristi potrebbe configurare profili di dubbia costituzionalità). Infatti già oggi Matteo Salvini alla radio chiarisce quali sono gli obiettivi del suo partito sul piano economico. E pone paletti sul provvedimento voluto dal ministro Bonafede contro i corrotti: «Attenti ai processi sommari". Dall’opposizione, il Pd resta scettico col responsabile Giustizia Walter Verini, che parla di «propaganda», «annunci enfatici e furbastri del ministro Bonafede» e «divisione nel governo».