«Misure appropriate di effettivo contrasto all’illegalità e al gioco d’azzardo». Non è un’ovvietà se a invocarle è quella procura che ha avuto il fegato di chiedere ai "signori delle slot", accusati di «evasione fiscale e danno erariale», una sanzione «pari a circa 89 miliardi di euro».Non è solo una questione di tasse aggirate. Citando "Avvenire" il procuratore della corte dei conti del Lazio, Angelo Raffaele De Dominicis, ha parlato di «vera e propria malattia sociale e brodo di coltura delle organizzazioni malavitose».Secondo il magistrato la situazione sta degenerando: «La pubblicità in favore del gioco d’azzardo e delle scommesse consentite, diffusa perfino sui canali delle televisioni pubbliche – ha osservato nei giorni scorsi durante la cerimonia d’apertura dell’anno giudiziario –, ha fatto vittime negli strati più poveri della popolazione, tra cui persone anziane, donne in difficoltà economiche e giovani costretti a fare ricorso alle lusinghe della malavita».Dalla ’ndrangheta a Cosa nostra siciliana, passando per la camorra e le gang cinesi, «tutto il settore del gioco – riassume l’ultimo report della Direzione nazionale antimafia – è di altissimo interesse per la criminalità organizzata». Infiltrazioni nel sistema legale attraverso cui «è possibile investire percependo rapidamente guadagni consistenti (soprattutto se le regole del gioco vengono falsate), ed inoltre le varie tipologie di giochi possono essere utilizzate – segnala la procura nazionale – per riciclare capitali illecitamente acquisiti. A fronte di ciò il rischio che le condotte illecite vengano individuate è relativamente basso, e le conseguenze giudiziarie, di solito, risultano piuttosto contenute».Dal canto suo la sezione giurisdizionale della Corte dei Conti per il Lazio, con una sentenza di 130 pagine (poderosa, per gli standard della giustizia contabile) , ha accolto parzialmente le accuse della procura che chiedeva condanne per 89 miliardi, riconoscendo un danno di "soli" 2,5 miliardi. Perciò secondo De Dominicis, «oggi la pubblica opinione si chiede se sia stato giusto che per molto tempo i dieci concessionari del gioco d’azzardo lecito non abbiano collegato le proprie slot machine al circuito telematico di controllo – questa l’accusa – con evasione del fisco ed, inoltre, addossando all’erario il costo degli apparati di controllo, che non hanno funzionato e che secondo la sentenza di primo grado ancora non funzionano come dovrebbero».La battaglia giudiziaria andrà avanti. I dieci gestori condannati hanno opposto ricorso nonostante il maxisconto concesso dalla corte. Si tratta di Bplus Giocolegale, Cirsa Italia, Sisal, Lottomatica, Gmatica Codere, Hbg, Gamenet, Cogetech e Snai. Al contrario la procura vorrebbe vedere pienamente accolte le proprie tesi. «Le società concessionarie – ha ribadito De Dominicis – devono ritenersi responsabili, insieme con i dirigenti dei Monopoli di Stato di aver causato l’inefficace funzionamento del servizio pubblico in argomento e, quindi, determinato lo sperpero delle risorse finanziarie impiegate, a vario tiolo, nella prevenzione e nel contrasto del gioco d’azzardo illegale».