Ansa
Dopo l’Unione Europea, anche il Consiglio di Stato richiama all’ordine l’Italia sulle concessioni balneari. I giudici di Palazzo Spada hanno stabilito un limite temporale: sono state prorogate solo fino al dicembre 2023 «al fine di evitare il significativo impatto socio-economico che deriverebbe da una decadenza immediata e generalizzata di tutte le concessioni in essere». In pratica, la prossima sarà la penultima estate degli stabilimenti balneari così come li conosciamo: dal 2024 le concessioni saranno assegnate tramite una gara alla quale potranno partecipare anche i concessionari attuali. Marco Maurelli, presidente di Federbalneari Italia, non condivide le motivazioni giuridiche della sentenza. «Quanto deciso dal Consiglio di Stato – spiega – mette a repentaglio le oltre 30mila famiglie che lavorano nel settore turistico-balneare, decretando il blocco degli investimenti con gravi ripercussioni anche a livello occupazionale. In questo modo, infatti, si rende fortemente instabile un settore che conta circa un milione di lavoratori».
Il governo Draghi – ignorando i ripetuti richiami dell’Ue – aveva deciso di non decidere e le concessioni demaniali marittime insieme con quelle del commercio ambulante erano state stralciate dalla legge sulla concorrenza. La sentenza del Consiglio di Stato era attesa, non solo dalle parti in causa. Il Consiglio dei ministri, con il provvedimento sulla concorrenza, non aveva infatti sciolto il nodo delle liberalizzazioni delle concessioni balneari, sul quale pende un conflitto con l’Ue sulla normativa sul mercato interno. Proprio lunedì, da fonti dell’esecutivo, è trapelata l’intenzione di predisporre comunque un nuovo intervento dopo la sentenza. Intervento sollecitato, a questo punto, anche dai giudici. Secondo Palazzo Spada, il confronto concorrenziale, oltre a essere imposto dal diritto Ue, «è estremamente prezioso per garantire ai cittadini una gestione del patrimonio nazionale costiero». Inoltre può dare luogo a «una correlata offerta di servizi pubblici più efficiente e di migliore qualità e sicurezza, potendo contribuire in misura significativa alla crescita economica e, soprattutto, alla ripresa degli investimenti di cui il Paese necessita».
Di fatto, però, è stata bocciata la proroga per un quindicennio delle concessioni introdotta nel 2018 con la legge di Bilancio. Con le sentenze numero 17 e 18 pubblicate ieri, l’adunanza plenaria del Consiglio di Stato, rimarcando «l’eccezionale capacità attrattiva del patrimonio costiero nazionale», ha affermato che la perdurante assenza (nonostante i ripetuti annunci di un intervento legislativo di riforma, mai però attuato) di un’organica disciplina nazionale delle concessioni demaniali marittime genera una situazione di grave contrarietà con le regole a tutela della concorrenza imposte dal diritto dell’Ue, perché consente proroghe automatiche e generalizzate delle attuali concessioni (l’ultima, peraltro, della durata abnorme, sino al 31 dicembre 2033), così impedendo a chiunque voglia entrare nel settore di farlo.
«Le norme legislative nazionali che hanno disposto (e che in futuro dovessero ancora disporre) la proroga automatica delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative, compresa la moratoria introdotta in correlazione con l’emergenza epidemiologica da Covid-19», ha stabilito il Consiglio di Stato, sono in contrasto con il Trattato sul funzionamento dell’Ue e con la direttiva Bolkestein.