domenica 18 aprile 2021
La regista e scrittrice: inaccettabile criminalizzare chi, come me, ha dubbi sul testo. «Non sono d’accordo nell’accostare la tutela degli omosessuali e transessuali a quella di donne e disabili»
Cristina Comencini

Cristina Comencini - Ansa

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Assomigliano a un appello le parole che Cristina Comencini pronuncia durante il colloquio con Avvenire. Un appello per il confronto, perché sulla legge Zan contro l’omofobia e la transfobia è mancata una discussione serena, e la conseguenza è un inaccettabile tiro al bersaglio contro chi, come lei, la mette in discussione dallo stesso fronte progressista. Regista, scrittrice, sceneggiatrice, Comencini è un’esponente di spicco della cultura italiana. Fu tra le donne che, nel 2011, sull’onda del caso Berlusconi-Ruby, diedero vita al movimento femminista 'Se non ora quando'. E nel maggio di quello stesso anno intervenne in piazza Navona alla manifestazione a favore della proposta di legge per introdurre la componente dell’omofobia tra le aggravanti per i reati di aggressione. Nessun dubbio sulle sue convinzioni e dunque «nessuno si permetta di accusarmi di essere contraria a una legge sull’omofobia». Eppure nel web e sui social monta l’intolleranza contro chi ha dubbi sul ddl Zan. «Aprire una discussione su una legge che ha alcuni aspetti controversi non è un attacco a diritti sacrosan- ti», dice Comencini, che insieme ad altre centinaia di intellettuali ed esponenti della società civile, di area progressista, nei giorni scorsi ha scritto un documento per sottolineare le criticità.

Ha subìto attacchi per il fatto di aver firmato l’appello?
Personalmente non sto sui social, ma ho saputo di attacchi veementi e di criminalizzazioni di chi in queste settimane ha sollevato obiezioni. La logica dei due schieramenti contrapposti è inaccettabile, oltre che schematico e violento. Non è un muro contro muro, non c’è un gruppo che vuole affossare la legge e un altro che ha la missione di difenderla.


Femminista, contesta l’uso della parola 'genere': «Troppo indeterminata, introduce una confusione antropologica»

Riassuma i dubbi presentati nel documento dei progressisti.
Non siamo d’accordo nell’accostare la tutela delle donne a quella degli omosessuali e transessuali, così come previsto nella legge Zan. La misoginia appartiene ad altri schemi culturali, la si combatte in altri modi. La stessa osservazione riguarda i disabili. La seconda obiezione riguarda la parola 'genere' (la legge Zan elenca le discriminazioni e le violenze per motivi legati «al sesso, al genere, all’orientamento sessuale, all’identità di genere e alla disabilità », definendone i contorni in modo che è stato oggetto di polemiche, ndr). Il ddl Zan introdurrebbe una sovrapposizione del concetto di 'sesso' con quello di 'genere', con conseguenze contrarie all’articolo 3 della Costituzione per il quale i diritti vengono riconosciuti in base al sesso e non al genere. La definizione di 'genere' contenuta nel testo crea una forma di indeterminatezza che non è ammessa dal diritto. Inoltre 'identità di genere' è l’espressione divenuta il programma politico di chi intende cancellare la differenza sessuale. È un articolato che mischia questioni assai diverse fra loro e introduce una confusione antropologica. Come scriviamo nel nostro documento, c’è il rischio che prevalgano visioni che anche in altre parti del mondo hanno aperto un conflitto rispetto all’autonomia delle donne.

Avete ricevuto segnali dal Pd, partito a cui appartiene il senatore Zan?
Dal fronte progressista c’è sordità. Anzi, più che sordità: c’è la volontà di non ascoltare non solo le nostre obiezioni ma anche quelle di chi per scelta di vita, come Paola Concia e Aurelio Mancuso (entrambi esponenti 'storici' del mondo omosessuale, ndr), è direttamente interessato. Dimostrazione ne è che il segretario Letta ha detto che si va avanti.

E ora come procederete?
Mi auguro che si torni a discuterne e si cerchi di trovare una mediazione perché la legge faccia quello che promette: tutelare le persone Lgbt. La libertà e il rispetto della differenza riguarda tutti, non è una questione di destra o sinistra. Ecco perché bisogna trovare il modo di arrivare a un testo condiviso.

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