«E ora chi provoca dovrà pagare i danni. E i conti saranno salati». Marco Di Fonzo è il commissario capo del Niab, il nucleo investigativo incendi boschivi del corpo forestale dello stato. È suo compito scoprire chi appicca - per incuria o per dolo - gli incendi che devastano ampie zone dell’Italia. Un incarico che lui e i suoi uomini svolgono bene se l’anno passato sono stati 600 i piromani denunciati (per 13 sono scattate le manette) e la Fao ha deciso di affidare al Cfs il compito di addestrare i parigrado dei Paesi del nord Africa. Dottor Di Fonzo, la prevenzione passa anche per l’assalto al portafoglio dei piromani? Diciamo che questa è una pena aggiuntiva prevista dalla legge. Già negli anni passati noi chiedevamo anche il risarcimento dei danni, ma da quest’anno il dipartimento ha deciso di procedere in maniera sistematica. Chiunque verrà scoperto ad appiccare fuoco pagherà non solo il danno ambientale ma anche quello erariale. E conti potranno essere salati?È facile fare i calcoli: ogni ettaro di bosco che va in fumo ha un valore minimo di 5mila euro. Che può lievitare anche di molto. A questo si aggiungano i costi degli spegnimenti: vigili del fuoco e gli addetti del corpo forestale dello stato. Se poi intervengono anche i mezzi aerei i costi decollano nel vero senso della parola. Basti pensare che l’impiego di un Canadair può arrivare a costare fino a 20mila euro al giorno, mentre quello di un elicottero attrezzato supera i 15mila. Tutte voci che concorreranno a formare un totale che verrà addebitato a chi scatena le fiamme. Ma in Italia sono molti i piromani? Occorre chiarire cosa si intenda per piromani. I malati, quelli che “devono” vedere le fiamme, sono solo il 10% di quanti appiccano gli incendi. Negli altri casi si tratta di persone che agiscono o per incuria o per dolo. Divise esattamente a metà. L’anno scorso abbiamo denunciato 600 incendiari e 13 ne abbiamo arrestati. Le motivazioni sono le più disparate. Liti, questioni di pascolo, screzi tra vicini. C’è anche stato chi ha appiccato il fuoco per cogliere, l’anno successivo gli asparagi selvatici. So che sembra impossibile ma è così. Poi naturalmente chi vuole speculare. Certo. Ma la legge 353 del 2000 che ha imposto alcuni vincoli sui terreni bruciati ha fatto calare di molto gli incendiari con velleità edilizie. E i piromani involontari?Ci sono anche loro. E anche in questo caso ci sono i motivi più vari. Da chi perde il controllo di un fuoco appiccato per fare fuori i rifiuti o i resti dello sfalcio, a chi intende disfarsi dei resti delle coltivazioni. Qui lo stato potrebbe intervenire facendo conoscere le possibilità di utilizzare le biomasse per dare via a meccanismi virtuosi di produzione di energia. Tra l’altro anche con contributi economici. Ma quello che è importante è la formazione. Una volta di più bisognerebbe educare. Sì, è una questione di senso civico. Dobbiamo fare capire che certi comportamenti non devono essere tenuti. L’incendio boschivo è un crimine contro le generazioni future. Prima riusciremo a farlo comprendere meglio sarà per la salute dei nostri polmoni verdi.
Il capo unità antincendi del Corpo forestale dello Stato:
questo è un reato che va contro le nuove generazioni. Situazione sotto controllo in Sardegna ma è scontro sugli F35
«Vanno comprati Canadair, non aerei da guerra». Botta e risposta polemico tra Mauro e Cappellacci.
«E ora chi provoca dovrà pagare i danni. E i conti saranno salati». Marco Di Fonzo è il commissario capo del Niab, il nucleo investigativo incendi boschivi del corpo forestale dello stato. È suo compito scoprire chi appicca - per incuria o per dolo - gli incendi che devastano ampie zone dell’Italia. Un incarico che lui e i suoi uomini svolgono bene se l’anno passato sono stati 600 i piromani denunciati (per 13 sono scattate le manette) e la Fao ha deciso di affidare al Cfs il compito di addestrare i parigrado dei Paesi del nord Africa. Dottor Di Fonzo, la prevenzione passa anche per l’assalto al portafoglio dei piromani? Diciamo che questa è una pena aggiuntiva prevista dalla legge. Già negli anni passati noi chiedevamo anche il risarcimento dei danni, ma da quest’anno il dipartimento ha deciso di procedere in maniera sistematica. Chiunque verrà scoperto ad appiccare fuoco pagherà non solo il danno ambientale ma anche quello erariale. E conti potranno essere salati?È facile fare i calcoli: ogni ettaro di bosco che va in fumo ha un valore minimo di 5mila euro. Che può lievitare anche di molto. A questo si aggiungano i costi degli spegnimenti: vigili del fuoco e gli addetti del corpo forestale dello stato. Se poi intervengono anche i mezzi aerei i costi decollano nel vero senso della parola. Basti pensare che l’impiego di un Canadair può arrivare a costare fino a 20mila euro al giorno, mentre quello di un elicottero attrezzato supera i 15mila. Tutte voci che concorreranno a formare un totale che verrà addebitato a chi scatena le fiamme. Ma in Italia sono molti i piromani? Occorre chiarire cosa si intenda per piromani. I malati, quelli che “devono” vedere le fiamme, sono solo il 10% di quanti appiccano gli incendi. Negli altri casi si tratta di persone che agiscono o per incuria o per dolo. Divise esattamente a metà. L’anno scorso abbiamo denunciato 600 incendiari e 13 ne abbiamo arrestati. Le motivazioni sono le più disparate. Liti, questioni di pascolo, screzi tra vicini. C’è anche stato chi ha appiccato il fuoco per cogliere, l’anno successivo gli asparagi selvatici. So che sembra impossibile ma è così. Poi naturalmente chi vuole speculare. Certo. Ma la legge 353 del 2000 che ha imposto alcuni vincoli sui terreni bruciati ha fatto calare di molto gli incendiari con velleità edilizie. E i piromani involontari?Ci sono anche loro. E anche in questo caso ci sono i motivi più vari. Da chi perde il controllo di un fuoco appiccato per fare fuori i rifiuti o i resti dello sfalcio, a chi intende disfarsi dei resti delle coltivazioni. Qui lo stato potrebbe intervenire facendo conoscere le possibilità di utilizzare le biomasse per dare via a meccanismi virtuosi di produzione di energia. Tra l’altro anche con contributi economici. Ma quello che è importante è la formazione. Una volta di più bisognerebbe educare. Sì, è una questione di senso civico. Dobbiamo fare capire che certi comportamenti non devono essere tenuti. L’incendio boschivo è un crimine contro le generazioni future. Prima riusciremo a farlo comprendere meglio sarà per la salute dei nostri polmoni verdi.
© Riproduzione riservata
ARGOMENTI: