martedì 9 ottobre 2018
Riconoscimento per tutti gli operatori, volontari e ospiti di Casa della Carità, non premia un’accoglienza generica, ma un’esperienza di servizio a tutti. Premiata anche Scagnelli (Lodi)
Don Virginio Colmegna, presidente della Fondazione Casa della Carità

Don Virginio Colmegna, presidente della Fondazione Casa della Carità

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«La Chiesa non è una ong, dice papa Francesco. Questo premio che io ricevo a nome di tutti gli operatori, i volontari e gli ospiti di Casa della Carità, non premia un’accoglienza e una bontà generiche, ma è il riconoscimento di un’esperienza di servizio ai poveri – tutti, non solo gli immigrati – che nasce dal Vangelo e per questo sa incontrare tutti, credenti d’ogni fede e non credenti, per aiutare questa Europa a riscoprire le sue radici di pace, fraternità, comunione. Se non ci fosse un’energia spirituale, se non ci fosse alla sorgente la forza e la bellezza del Vangelo, Casa della Carità non andrebbe avanti in questo modo dal 2002. Davvero qui non si premia una realtà di Chiesa "ridotta" a ong». Così don Virginio Colmegna, presidente della Fondazione Casa della carità, nata a Milano su iniziativa del cardinale Martini, guarda al «Premio Cittadino europeo 2018» che riceve oggi a Bruxelles.

Non da solo. Lo stesso riconoscimento verrà conferito – per stare solo agli italiani – a Paola Scagnelli, primario di radiologia all’ospedale di Lodi che durante le ferie presta servizio in Africa, ad Antonio Silvio Calò, docente in un liceo di Treviso che dal 2015 ospita a casa sua sei immigrati africani, e a Fobap onlus di Brescia, fondazione che, in particolare, promuove il Centro abilitativo per minori «Francesco Faroni», rivolto a ragazzi e bambini autistici. Una cinquantina le persone, le associazioni e le organizzazioni dei 28 Stati membri dell’Unione che oggi ricevono il premio presso la sede del Parlamento europeo.

«Questo riconoscimento – insiste don Colmegna – non ce lo danno perché accogliamo gli immigrati: Casa della Carità è al servizio di tutti i poveri, di tutti gli "sprovveduti", come voleva il cardinal Martini. Non è nemmeno un premio ad una bontà generica: se Casa della Carità "funziona" dal 2002, è per la competenza e l’impegno culturale di chi vi presta servizio. Non è nemmeno un premio a chi predicasse un’accoglienza generica, senza regole o criteri. No: la nostra via – citando papa Francesco – è la sapienza della prudenza, la stessa chiesta a una politica che voglia davvero governare percorsi e processi, e non solo agitare slogan e alzare muri che rischiano – come il recente decreto Sicurezza – di moltiplicare gli irregolari e di produrre più insicurezza».

Il 27 ottobre, ricorda don Colmegna, sarà passato un anno dalla consegna delle 90mila firme raccolte con la campagna Ero straniero, a sostegno di una legge per nuove politiche dell’immigrazione. Un impegno, condiviso da Casa della Carità, che ora si allarga con l’iniziativa Welcoming Europe. «L’Italia – riprende il sacerdote – è fra i fondatori di quel percorso di pace che è l’Europa unita. Una missione e un messaggio che vogliamo rilanciare da Bruxelles. Ci sono esperienze, come la nostra, che generano spazi di socialità, ospitalità, gratuità – altro che business dell’accoglienza! – e che tuttavia non ignorano la sfida della sostenibilità. C’è un linguaggio della paura e del rancore da affrontare e sconfiggere. C’è una "globalizzazione dell’indifferenza", come disse papa Francesco a Lampedusa, che ci sfida e provoca. Una sfida culturale e, alla radice, spirituale. Sì, non siamo solo "persone che aiutano". E davvero la nostra Chiesa è ben più che una ong».

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