Importavano cocaina in Italia, utilizzando cani di grossa taglia. Nascondevano la droga negli animali praticando operazioni chirugiche, poi li uccidevano per estrarla. La polizia di Milano ha eseguito 75 ordinanze di custodia cautelare ( 57 adulti e 18 minorenni), nella quasi totalità di origine latino-americana. Per loro l'accusa è di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati contro la persona, il patrimonio, traffico di stupefacenti e detenzione di armi.Gli animali utilizzati erano tutti cani di grossa taglia: San Bernardo, Gran Danese, Dog de Bordeaux, Mastino Napoletano e Labrador. La droga prima di essere collocata nel ventre dei cani veniva avvolta in un cellophane, poi nella carta carbone (per essere impenetrabile ai raggi X) dopodicchè ancora nel cellophane e dopo avvolta da uno scotch di vinile nero (ancor più resistente ai raggi X). Una volta arrivati a destinazione i cani venivano uccisi e, dal ventre squarciato, venivano estratti circa Kg 1,250 di cocaina purissima. Si stima che con questa sistema siano stati fatti 48 viaggi. Un solo cane si sarebbe fortuitamente salvato.A far scattare una delle più importanti operazioni antidroga degli ultimi anni è stata la denuncia di una donna, probabilmente un'amante degli animali, che non si rassegnava ad assistere impotente alle sofferenze di quel cane arrivato pochi giorni prima dall'America Latina dopo uno scalo a Milano. Siamo a Pisa, nell'aprile 2012 la polizia interviene per la segnalazione di una lite in famiglia tra sudamericani nata a causa del malore dell'animale. Agli agenti, la donna racconta che nel cane era nascosta la droga e per questo si lamentava. A quel punto l'animale è stato portato dal veterinario per essere operato.Oltre ai 75 arresti, l'indagine, che vede coinvolti numerosi gruppi di giovani di origine sudamericana riconducibili al fenomeno delle cosidette pandillas, le violente gang di latinos, ha portato alla denuncia in stato di libertà di altri 112 tra ragazzi e ragazze (98 maggiorenni e 14 minori).L'operazione è coordinata dalle Procure della Repubblica presso il Tribunale ordinario e per i Minorenni di Milano. Per la prima volta è stata dimostrata l'esistenza del vincolo associativo tra le 'pandillas', che non si limitavano a reati comuni ma erano direttamente in contatto con emissari dei cartelli sudamericani per approvvigionarsi di ingenti quantitativi di cocaina. «Un'operazione esemplare per capacità investigativa, tenacia e perseveranza» che ha mostrato la capacità di «fronteggiare il nuovo fenomeno criminale» delle “pandillas” che "hanno creato allarme nel tessuto sociale». Così Alberto Nobili, procuratore aggiunto di Milano, commenta il blitz scattato nei confronti di quattro bande sudamericane. Un fenomeno che «negli ultimi anni, ha visto ecuadoriani e peruviani protagonisti, vere bande criminali che a lungo hanno creato preoccupazione». Un fenomeno che «viene ancora monitorato» dice annunciando che saranno possibili altre operazioni del genere. Nobili plaude alla risposta da parte della Polizia di Stato: «Un punto di soddisfazione. È la prima volta -ricorda- che l'associazione per delinquere viene contestata in forma così ampia».Il procuratore aggiunto è soddisfatto, perchè, si registra anche «la collaborazione e l'apporto nelle indagini di alcune delle vittime, che di solito nutrono grande sfiducia e distacco nei riguardi delle forze dell'ordine».