Basta guardare il capoluogo dall’alto dell’autostrada dei Parchi per capire che all’Aquila qualcosa è cambiato. Arrivando in città, infatti, non si vedono più quelle macchie blu nel verde che fino a qualche giorno fa accoglievano i terremotati, gelosi della propria terra e con nessuna voglia di allontanarsene. La buona notizia è appunto che quasi nessuno vive più nelle case di tela e tutte le tendopoli entro sabato saranno chiuse. Ma accanto al traguardo raggiunto di dare una sistemazione confortevole a tutti entro l’inverno, c’è anche il rovescio della medaglia della ricostruzione leggera che avanza troppo lentamente. Non serve un occhio esperto, difatti, per capire che adesso all’Aquila si costruisce e non si ricostruisce; la parola d’ordine è quella di far passare meno tempo possibile agli aquilani lontano dalla loro città e meno notti agli «irriducibili» nelle tende. Quelle decine di gru dai colori vivaci che svettano sulla città sono infatti il segno evidente dell’avanzare a ritmi impressionanti delle case antisismiche che il governo ha promesso a 17mila abruzzesi entro l’inverno; un inverno che, più mite del solito quest’anno, consente alle imprese edili di lavorare secondo la tabella di marcia.«Entro Natale tutte le case saranno consegnate e nessuno dormirà in tenda», aveva ribadito qualche giorno fa il capo del dipartimento di Protezione civile Guido Bertolaso. Agli aquilani infatti è stata risparmiata l’esperienza dei
container utilizzata invece in Irpinia ed in Umbria. Ora la rassicurazione che entro pochi giorni nessuno dormirà più in tenda. «Abbiamo avviato le operazioni per lo smantellamento finale delle tendopoli – ha precisato Fabrizio Curcio, direttore dell’Ufficio Gestione delle emergenze della Protezione civile – e questo rappresenta un risultato importante». Sull’Aquila, continua il responsabile, sono rimaste poche decine di persone in case di tela e in tutta la provincia circa 150, «numeri che sono poca cosa rispetto al dato di oltre 32mila terremotati in tenda ad aprile». La chiusura delle tendopoli, inizialmente prevista per il 30 settembre, è stata di fatto rallentata dalle continue scosse avvertite dalla popolazione e dalla paura, che ancora resta immutata tra gli aquilani. «Abbiamo agito tentando di non forzare la gente – ha continuato Curcio – perché comprendiamo lo
choc e la volontà di non andare in alberghi lontano dal capoluogo, ma ora oltre ai 300 appartamenti del Progetto Case consegnati ogni settimana, abbiamo la disponibilità della caserma della Guardia di Finanza e della caserma Campomizzi». L’accelerazione nello smantellamento dei campi di accoglienza, infatti, è dovuta anche ai 1.200 alloggi nella caserma del G8 e nei 450 posti letto nella seconda struttura militare, alle 5.600 persone che già vivono nei nuovi villaggi antisismici e alle 500 che dormono nelle case di legno costruite grazie alla solidarietà verso le popolazioni terremotate. Unica eccezione è il piccolo borgo di Fossa dove i cittadini in accordo con il sindaco vivono ancora nelle tende per entrare, tutti insieme, a dicembre nei moduli abitativi provvisori in parte ancora in costruzione. Una sorta di sacrificio condiviso che permetterà così di rendere comunitaria anche la gioia per l’ingresso in case vere. L’unica ombra però è quel malumore, spesso soffocato dalla rabbia, dei cittadini alle prese con la ricostruzione leggera (le case con danni lievi classificate A, B, C) che avanza a passo di lumaca. Il vero processo di rinascita del capoluogo sembra infatti arrancare prima su problemi burocratici, poi sull’applicazione delle ordinanze ed ora sull’anticipo dei fondi da parte delle banche per la ricostruzione. Degli oltre 10mila proprietari all’Aquila di case A, quindi agibili ma con danni inferiori a 10mila euro, meno di 4mila hanno fatto domanda di rimborso, in attesa probabilmente della fine dello sciame sismico e confortati dal fatto che non c’è alcun limite di tempo per inoltrare la richiesta di rimborso. Una scadenza invece c’è, prorogata però fino a fine anno, per gli appartamenti B e C (all’Aquila sono 4mila, nella provincia 11mila); dall’ente preposto al controllo della domanda sono state accolte solo 2300 domande.