giovedì 4 giugno 2009
La decisione del tribunale di sorveglianza. Il beneficiario è Giacomo Maurizio Ieni, conosciuto come Nuccio, 52 anni, indicato negli atti processuali come capo della cosca Pillera, una delle più agguerrite della città etnea. Ed è polemica: insorgono politici e parenti delle vittime.
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Il Tribunale concede gli arresti domiciliari per gravi motivi di salute a un detenuto in regime di 41 bis, nonostante l’opposizione della Procura, e si scatenano dure reazioni, anche da parte di politici.Il beneficiario è un catanese, Giacomo Maurizio Ieni, conosciuto come Nuccio, 52 anni, indicato negli atti processuali come capo della cosca Pillera, una delle più agguerrite della città etnea e protagoniste, negli ultimi decenni, della sanguinosa guerra di mafia che fece centinaia di vittime.La decisione è della terza sezione penale del Tribunale etneo, che ha accolto l’ennesima richiesta dei difensori, Giuseppe Lipera ed Enrico Trantino. Ieni soffre da tempo di una grave forma di depressione, tanto che, da mesi, era ricoverato nel centro clinico del carcere di Parma, seppure sottoposto al regime del carcere duro riservato a chi risponde di reati di mafia. Da lì, in applicazione della decisione del Tribunale, è già rientrato direttamente nella sua casa alla periferia di Catania.Il presunto boss catanese, nell’ultima udienza di uno stralcio del processo cosiddetto "Atlantide", nel quale in 17 rispondono di associazione mafiosa, era scoppiato in lacrime e aveva confessato di essere depresso e di non riuscire a stare in carcere. Ieni fu interrogato in videconferenza, ma tutti, nell’aula del tribunale etneo, assistettero alla scena di disperazione.La successiva richiesta di arresti domiciliari è stata accolta con la motivazione secondo la quale «l’affetto dei familiari» sarà per lui la terapia migliore per riprendersi e guarire.La Procura della Repubblica di Catania, che già aveva espresso parere contrario alla concessione del beneficio, se pure per gravi motivi di salute, si è dichiarata «estremamente sorpresa e sgomenta», sia «per la pericolosità sociale del soggetto» sia perché considera che «nelle perizie redatte non ce n’era alcuna che stabilisse l’incompatibilità del suo stato di salute con la detenzione in un centro medico, così come si trovava ristretto».Di diverso avviso sono i difensori. L’avvocato Lipera ha ricordato come la consulenza di uno psicologo, Marco Lipera, allegata all’istanza, «sia stata di estremo giovamento per i giudici». L’avvocato Trantino ha attaccato duramente la Procura per lo «sgomento» dichiarato: «Se ritengono ingiustificata una decisione, la impugnino; ma dichiarare pubblicamente e in modo roboante il proprio dissenso sulla base di una pericolosità sociale dell’imputato, che loro stessi sanno essere stata smentita dall’istruttoria finora compiuta, significa provocare una campagna di delegittimazione di giudici rei di avere applicato la legge anche per un cittadino imputato di associazione mafiosa».Nuccio Ieni non ha una fedina penale "lunga": condannato, negli anni ’80, per fatti del 1982, sempre per associazione mafiosa, ha scontato la pena; accusato, ancora, negli anni ’90, dello stesso reato di associazione mafiosa, è stato assolto nel ’98. Adesso è in carcere dal luglio di tre anni fa, sempre per associazione mafiosa. In prigione, in attesa del processo, assegnato al regime duro, avrebbe perso oltre 20 chili, perché la depressione gli avrebbe provocato anche una grave inappetenza. «Ieni - sottolinea Trantino - avverte come ingiusta la detenzione cui è sottoposto».Adesso il presunto boss del clan Pillera è a casa, con l’anziana madre, la moglie e tre figli (un quarto è in carcere per droga); dove, però, ha bisogno di continue cure mediche.
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