Dopo quasi 33 anni la scomparsa di
Emanuela Orlandi è destinata a rimanere un
mistero: non ci sono prove che possano spingere i magistrati romani a indagare
ancora. È la sesta sezione penale della
Cassazione a mettere
una pietra sull'inchiesta, rigettando il ricorso della famiglia
contro l'
archiviazione chiesta dal capo della procura della
Capitale, Giuseppe Pignatone, e confermata dal gip.
"Purtroppo non mi aspettavo qualcosa di diverso: con questa
archiviazione si è voluto evitare definitivamente che si potesse
aprire una falla", è il commento di
Pietro Orlandi, fratello di
Emanuela, che rimane convinto che chi sa non voglia ancora parlare.
Era questo l'ultimo tentativo di chi per una vita non si è
dato pace, ha dovuto lottare contro mitomani, pentiti,
terroristi, da protagonista involontario di un giallo
internazionale che ha visto intrecciarsi le vicende vaticane e
quelle della criminalità romana, le illazioni e i depistaggi
dell'attentatore di
Papa Wojtyla,
Ali Agca, e la morte del boss
della Magliana
Renatino De Pedis, il cui corpo venne fatto
riesumare dalla basilica romana di Sant'Apollinare nel 2012.
Emanuela è la figlia quindicenne di un messo della prefettura
della Casa pontificia; scompare il 22 giugno 1983, dopo essere
uscita da una scuola di musica. Da allora si sono succedute due
diverse inchieste, la prima si chiuse, senza responsabili nel
luglio '97. Sull'epilogo della seconda è giunto ora il visto
della
Cassazione.
Il 19 ottobre scorso il gip aveva respinto l'opposizione,
avanzata dai familiari di Emanuela e da quelli
Mirella Gregori
(scomparsa poche settimane prima), alla richiesta di
archiviazione da parte di Pignatone, e dei pm Simona Maisto ed
Ilaria Calò. Le indagini si erano concentrate su monsignor
Pietro Vergari, ex rettore della basilica di Sant'Apollinare,
Sergio Virtù, autista di Enrico De Pedis, Angelo Cassani, detto
"Ciletto", Gianfranco Cerboni, detto "Giggetto", e Sabrina
Minardi. Nel registro degli indagati era finito anche Marco
Accetti, ex fotografo, nei cui confronti pende ancora un'accusa
di calunnia e autocalunnia.
Eppure durante le indagini una dinamica seppure parziale, e
non capace di reggere in tribunale è riaffiorata. Nella
richiesta di archiviazione, la procura sottolinea come "gli
elementi indiziari emersi hanno trovato alcuni riscontri in
ordine al coinvolgimento della
Banda della Magliana nella
vicenda", tuttavia "le indagini compiute non hanno permesso di
pervenire ad un risultato certo in merito al coinvolgimento di
Enrico De Pedis e di soggetti a lui vicini".
L'avvocato Pietro Sarrocco, che ha redatto il ricorso in
Cassazione, si dice pronto a rivolgersi alla
Corte di
Strasburgo, dopo il deposito delle motivazioni, per accertare
eventuali violazioni dei diritti della parte lesa: "Siamo
dell'idea - ha detto il legale della madre di Manuela - che la
matrice di questa storia sia legata al terrorismo internazionale
e comunque legata all'attentato del Papa".