Patrick Zaki. - Ansa
È stato aggiornato al 6 aprile il processo che vede imputato Patrick Zaki. E' stato lo stesso studente egiziano dell'Università Alma Mater di Bologna a renderlo noto su Twitter.
L'udienza, che si è tenuta stamane a porte chiuse presso il tribunale di Mansoura, era attesa perché in molti, dopo la sua scarcerazione il 7 dicembre, speravano in un nuovo pronunciamento positivo del giudice. Si dovranno attendere invece almeno altri due mesi prima della sentenza definitiva per lo studente, che resta fino a quel giorno libero, ma che rischia fino a cinque anni di carcere per propaganda sovversiva.
"Speriamo che qualcosa di buono accada il 6 aprile, dato che voglio essere di nuovo a Bologna il prima possibile": lo ha detto a giornalisti Patrick Zaki nei pressi del Palazzo di Giustizia di Mansura. "Penso che stiano provando a prender tempo per la decisione finale, poi vedremo cosa succederà", ha aggiunto riferendosi implicitamente al giudice monocratico e altri responsabili egiziani.
Sul posto si è appreso che la delegazione di diplomatici stranieri, tra cui due italiani, ha insistito inutilmente per assistere in aula allo svolgimento dell'udienza durata peraltro solo pochi minuti.
L'incubo per Zaki è iniziato il 7 febbraio 2020, quando venne portato dietro le sbarre del famigerato carcere di Tora, dopo essere stato fermato all'aeroporto del Cairo. Era tornato in Egitto per far visita alla famiglia, un periodo di vacanza che invece gli era costato l'arresto. Solo negli ultimi mesi di detenzione era stato trasferito nel carcere di Mansoura, città dove Zaki è nato il 16 giugno del 1991.
I capi d'accusa menzionati nel mandato di arresto sono minaccia alla sicurezza nazionale, incitamento alle proteste illegali, sovversione, diffusione di notizie false, propaganda per il terrorismo. In particolare, il ricercatore egiziano avrebbe compiuto propaganda sovversiva attraverso alcuni post pubblicati su Facebook.
Il rinvio a giudizio è avvenuto invece per "diffusione di notizie false dentro e fuori il Paese" sulla base di tre articoli scritti da Zaki. Tra i testi messi sotto accusa ne spicca uno, scritto nel 2019 sui cristiani copti in Egitto perseguitati dallo Stato Islamico, l'Isis, e discriminati da alcuni elementi della società musulmana. Lo stesso Zaki appartiene alla comunità copta egiziana. Nei mesi scorsi si sono susseguite le udienze in cui ogni volta era stata rinnovata per 15 o 45 giorni la detenzione preventiva di Zaki, nonostante i numerosi appelli e iniziative del governo italiano, di politici, attivisti e associazioni.